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Il mercante italiano ha messo in comunicazione l’ovest e l’est del mondo offrendo descrizioni reali di luoghi e personaggi

Marco Polo il viaggiatore leggendario

Quest’anno si celebrano i 700 anni dalla morte dello storico esploratore originario della Repubblica di Venezia

Marco Polo il viaggiatore leggendario

Il mitico viaggiatore italiano Marco Polo ha creato un ponte di comunicazione tra il mondo occidentale e quello orientale, divenendo fonte d’ispirazione per gli appassionati di culture straniere. Una figura allo stesso tempo storica e leggendaria, misteriosa, in parte dimenticata, innovatrice e pioniera delle navigazioni via mare, in grado di inaugurare le rotte oltreoceano e di anticipare le imprese di grandi esploratori come Colombo. Nato a Venezia nel 1254 e morto nella stessa città lagunare nel 1324, Marco Polo è un mercante, scopritore e letterato tra i più importanti della storia europea e mondiale. Vive nell’epoca del Basso Medioevo caratterizzato dal forte incremento demografico, dallo sviluppo dell’agricoltura e dei commerci, dalla nascita dell’istituzione dei comuni, dalla rinascita culturale, dall’emergere della classe borghese e dal fiorire, a partire dal XIV secolo, degli Stati Nazionali (Francia, Inghilterra e Spagna) in concomitanza con la decadenza dei poteri papale e imperiale. In questo periodo si impone una nuova mentalità mercantile, borghese e laica che, rispetto alla cultura feudale e religiosa dell’Alto Medioevo, esprime una maggiore esigenza di concretezza e di misurazione del tempo e dello spazio. Lo sviluppo delle attività mercantili e i cospicui investimenti richiesti dagli scambi commerciali stimolano il gusto per i viaggi e per l’avventura, accendendo negli europei il desiderio di perlustrare nuovi territori e di acquisire nuove conoscenze. Intorno alla terra d’Oriente aleggia un certo alone di mistero, di ignoto e di meraviglioso. Nell’immaginario occidentale è concepito come il “diverso”, oggetto non tanto di conoscenza quanto di sogno. Lo storico francese Jacques Le Goff riferisce che, nel Medioevo, l’Oceano Indiano e le terre che lambisce sono “un ricettacolo di sogni, di miti, di leggende… il sogno chiuso dell’esotismo onirico dell’Occidente medievale”. I mercanti sfruttano questa preesistente visione onirica dell’Oriente assoggettandola alla loro logica affaristica e al loro bisogno di prosperità. Conoscere i territori dell’Est vuol dire, prima di tutto, dominarli sul piano socio-politico ed economico, privandoli delle loro merci preziose (seta, spezie, pietre e ori) e imponendo strutture governative occidentali. Sussistono anche motivi religiosi dietro i viaggi compiuti in queste lontane regioni vergini. Le crociate, infatti, hanno connesso l’Occidente cristiano con le popolazioni orientali professanti fedi diverse e che, per questa ragione, vanno convertite. Diffondere la fede cristiana è il motivo principale dei viaggi intrapresi dai primi missionari in Asia, fra cui i francescani Giovanni da Pian del Carpine, Guglielmo di Rubruck, Giovanni da Montecorvino e Odorico da Pordenone, incoraggiati dalla politica di tolleranza religiosa inaugurata dalla “Pax Mongolica”, il periodo di pace e di sicurezza durante il quale gli scambi tra Occidente e Oriente diventano più assidui, la via della seta viene riaperta, i traffici fioriscono e il prezzo delle mercanzie cala a favore degli acquirenti europei, sempre più motivati a spingersi oltre i confini geografici conosciuti. Questa volontà di scoprire, di sapere, di toccare con mano l’altro culturale è alla base anche del viaggio di Marco Polo, la cui famiglia è attiva nei traffici commerciali tra Oriente e Occidente, specie nell’area di Costantinopoli. Bisogna ricordare che i veneziani vantano rapporti commerciali con i paesi dell’Est e dispongono, a Costantinopoli, nel Mar Nero, in Libano e in Siria di punti d’approdo per navi e viaggiatori. Nel 1271, all’età di diciassette anni, Marco compie un viaggio in Oriente insieme al padre Niccolò e allo zio paterno Matteo che, per scopi economici, conoscono già quest’oscura, lontana ed esotica realtà dove si sono recati pochi anni prima. I Polo percorrono la Terrasanta, la Turchia, la Persia, l’Afghanistan, la Mongolia, quindi la via della Seta, fino a giungere in Cina (allora Catai). Qui vengono accolti nella corte di Kublai, Gran Khan dei Mongoli, da cui Marco Polo riceve incarichi di ambasciatore in varie località del suo impero. Nel Catai i Polo resteranno diciassette anni, prima di ripartire per Venezia, dove faranno ritorno nel 1295. Tre anni dopo Marco Polo viene fatto prigioniero dai genovesi (forse nella battaglia di Curzola fra la Repubblica marinara di Venezia e di Genova) e imprigionato a Genova. In carcere incontra Rustichello da Pisa, catturato quattro anni prima nello scontro fra i genovesi e i pisani alla Meloria. Dalla collaborazione tra i due nasce nel 1298 “Il Milione”, scritto di proprio pugno da Rustichello sulla base degli appunti di viaggio dello stesso Marco. Il trascrittore impiega il francese come lingua di stesura, essendo all’epoca la più diffusa e impiegata a Venezia, arricchita da vari elementi della lingua veneta. In quest’opera troviamo la compresenza tra una mentalità pratica, tipica di un mercante come Marco Polo, che è spinto dalla sete di conoscenza dell’ignoto, e un atteggiamento fantastico e cortese incline alla mitizzazione, che è proprio di un autore di romanzi cavallereschi come Rustichello da Pisa. L’opera intreccia generi letterari diversi: è una cronaca di viaggio ma anche un trattato scientifico di geografia e di etnologia, un romanzo d’avventura sulla falsariga della narrativa cavalleresca, ma anche un manuale di mercatura, una relazione diplomatica per favorire i rapporti tra occidente e l’impero del Gran Khan, e un trattato religioso. Quest’ultimo è un aspetto importante perché il viaggio è stato commissionato agli avventurieri da papa Gregorio X, allo scopo di contribuire all’evangelizzazione dei popoli pagani. Marco Polo lascia parlare i fatti rinunciando a riflessioni personali. La sua è una sintesi vera di quello che realmente ha visto e vissuto, un’implicita adesione al mondo descritto, guardato con ammirazione ed entusiasmo. Dà spazio perfino a particolare precisi senza tralasciare episodi forse inventati e frutto dell’immaginazione. Viene offerta, per esempio, un’immagine positiva del sovrano (il Gran Khan), descritto come una persona generosa e tollerante verso le altre tradizioni. Marco Polo è la coscienza dell’Oriente, del mito delle origini, è il sogno di una saggezza sottratta all’imperialismo occidentale. Ha la capacità di mantenere una certa obiettività e uno spiccato equilibrio narrativo, rari in un’epoca come quella medievale in cui sono vivi gli scontri religiosi tra Cristianità e Islam. Questa sua predisposizione psicologica all’accettazione dell’altro, eccezionale per uno del suo tempo, è messa a dura prova là dove si valutano i pregi e i difetti dei nemici della cristianità, i musulmani. Il giudizio che trapela è influenzato un po’ dalla lotta, che si consuma nel Mediterraneo, tra le due religioni e dagli schemi fissi occidentali. Marco Polo, tuttavia, non concepisce le differenze religiose come barriere per attraversare mondi eterogenei e, nel Milione, esalta l’atteggiamento tollerante del Gran Khan verso il cristianesimo, l’islamismo, l’ebraismo e il buddismo. Quello dell’intellettuale veneziano è l’esempio di una massima apertura all’interno di una mentalità cristiano-centrica come quella medievale, a cui il viaggiatore stesso non può sottrarsi del tutto. Il Milione si poggia quindi sull’equilibrio fra realtà e fantasia, fra romanzo borghese e romanzo cortese. La sua fortuna non risiede solo nella sua qualità letteraria ma nell’aver spianato la strada agli studi orientali. L’Est favoloso rivive nella lirica “Kubla Khan” dello scrittore romantico Coleridge, autore delle “Ballate liriche”, e viene riproposto in chiave postmoderna ne “Le città invisibili” di Calvino. Sulla rotta tracciata da Polo si pone anche lo scrittore palestinese Edward Said che, con il suo celebre saggio “Orientalismo” del 1978, spiega e ridefinisce l’immagine che l’Europa ha sempre avuto dell’Oriente. In occasione del 700° anniversario dalla sua morte, a Venezia sono stati previsti una serie di eventi, tra cui la mostra “L’Asse del Tempo: Tessuti per l’Abbigliamento in Seta di Suzhou”, aperta fino al 29 febbraio al Museo di Palazzo Mocenigo, che sfoggia gli abiti della tradizione cinese a confronto con quelli veneziani, e la mostra “I mondi di Marco Polo. Il viaggio di un mercante veneziano del Duecento”, pensata sotto forma di un percorso diviso in tappe, attraverso cui viene ricostruita la vita mercantile veneziana, e viene dato spazio alla cartografia per ripercorrere il tragitto compiuto in Oriente dall’esploratore. Samuela Simion ed Eugenio Burgio, docenti all’università Ca’ Foscari di Venezia, hanno curato il volume “Marco Polo – Storia e mito di un viaggio e di un libro” (Carocci), raccogliendo le ricerche dei più grandi studiosi.

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