Dalla Cassazione e dalla CEDU "due sentenze pessime"
Ospitiamo un commento di Giancarlo Cerrelli, vicepresidente nazionale dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, alle due sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e della Cassazione. Cerrelli anticipò a PdV alcuni di questi temi ("società fluida", "depotenziamento") nel numero del 21 maggio scorso.
I provvedimenti emanati, in queste ultime ore, da due distinte Corti di giustizia evidenziano l’esistenza di un “paradigma tecnocratico” volto a promuovere un nuovo ordine sociale, non rispettoso, tuttavia, della realtà e del diritto. Il primo provvedimento è di ieri e riguarda la sentenza della Cassazione n. 15138/2015, che concedendo a ciascuno il diritto di mutare la propria identità sessuale anagrafica soltanto sulla base della propria percezione, propizia l’avvento di una società sempre più fluida, anche dal punto di vista dell’identità sessuale. Tale sentenza, tra l’altro, depotenzia l’affidamento che ognuno di noi normalmente ripone sull’identità sessuale dell’altro. L’identità sessuale, infatti, non sarà più da intendere come un dato obiettivo, ma sarà un elemento lasciato del tutto alla volontà dell’individuo che potrà mutarlo ogni qualvolta vorrà.
La Cassazione con tale pronuncia non ha fatto altro che commettere uno stupro ai danni della realtà.
L’altro provvedimento risale a quest’oggi ed è la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) «Oliari e altri contro Italia». - sentenza di primo grado, dunque non definitiva e suscettibile di appello - che, sulla base del ricorso di cittadini italiani omosessuali, impone al nostro Paese di riconoscere in qualche modo le convivenze omosessuali. Tale sentenza è una sentenza aberrante e pessima, che, comunque, non impone al Parlamento italiano di approvare la legge Cirinnà, come molti - per ignoranza o malizia - sostengono.
È il caso di sottolineare che la Corte EDU non è un organo europeo, le cui sentenze non sono direttamente applicabili nei Paesi membri. La pessima sentenza della Corte EDU – che possiamo ritenere inaccettabile - va dunque letta così: gli Stati sono tenuti a riconoscere in qualche modo le convivenze omosessuali, ma sui modi del riconoscimento i Parlamenti - e ci mancherebbe altro - restano sovrani. Se poi qualcuno in Parlamento volesse chiedersi quali obblighi la sentenza, pure non definitiva, della CEDU impone all'Italia, la risposta giuridica e non emotiva è che impone un qualche riconoscimento dei diritti che derivano dalle convivenze ma non impone le adozioni, il richiamo alle norme sul matrimonio, le cerimonie pubbliche, la reversibilità della pensione, radicali innovazioni nella normativa ereditaria. Cioè non impone la Cirinnà.
* Vicepresidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani (UGCI)
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