L'informazione dei territori, la grande assente
Dimenticanza totale dei periodici del territorio, i nostri compresi, veri e propri quotidiani che escono una volta alla settimana. Non considerare questo presenza e questo fortissimo legame con milioni di persone significa vivere in un altro Paese. Un legame, ricordiamolo, fino ad oggi assicurato grazie al servizio universale di Poste italiane. Costo o investimento?
Pluralismo informativo, digital divide, nuovi sistemi di comunicazione, servizio universale di Poste Italiane. Si parla anche di questo nella “Relazione annuale 2015 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro” presentata ieri (7 luglio) dal presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Angelo Marcello Cardani. Un testo che tratta soprattutto il tema della digitalizzazione tenuto conto che “la diffusione della piattaforma Internet come strumento di comunicazione, informazione e scambio rappresenta fenomeni sempre più pervasivi nell’economia e nella società”. Letto d’un fiato, lontano dai centri di potere, il lungo intervento può sortire effetti diversi. Visto dalla periferia, saltano subito agli occhi alcuni elementi particolari, soprattutto quando si giunge al capitolo che attiene all’editoria e ai servizi postali, tema a noi carissimo e fonte di notevoli preoccupazioni. Il paventato riordino del servizio universale con la consegna a giorni alterni per un quarto della popolazione italiana pone più di un dubbio sull’effettivo esercizio del pluralismo in campo informativo.
L’Agcom, nella sua relazione annuale, fa riferimento alla Legge di Stabilità 2015, quella che avrebbe imposto il cosiddetto riordino a Poste Italiane. Poi aggiunge che ci si trova “in un contesto di necessario contenimento dell’onere del servizio universale”. Tuttavia, si legge ancora, “l’Autorità ha comunque tenuto conto della necessità di assicurare il presidio degli uffici in tutti i comuni e della loro presenza nelle aree geografiche isolate o a bassa densità di popolazione (zone rurali e montane e isole minori), non tralasciando l’obiettivo dell’integrazione e della coesione sociale”.
Fin qui non si può non essere d’accordo. Stupisce leggere, sempre dalla periferia di questo Paese davvero strampalato, “che è stato avviato un tavolo di confronto con Poste italiane e gli Enti Locali con l’obiettivo di individuare soluzioni di sperimentazione nelle zone marginali di forme di invio e recapito digitale alternativo o complementare a quello fisico (…). A una simile filosofia dovrebbero peraltro ispirarsi anche le soluzioni intese ad assicurare il recapito giornaliero dei quotidiani in abbonamento”.
A parte il fatto che definire il servizio universale unicamente come “un onere” pare davvero fuorviante quando si tratta di un servizio ai cittadini, tutti uguali almeno per la consegna della posta, ma è sul recapito a domicilio che davvero non ci siamo. È qui che si scontra la distanza fra i grandi centri e la provincia italiana, quel territorio in cui vivono, abitano, lavorano, sperano e s’impegnano 40 milioni di cittadini.
Onere o investimento? Questo è il vero dilemma. Dipende dal punto di vista. Certo, si potrà dire, con la digitalizzazione ormai tutti sono collegati con la Rete. Peccato che proprio nelle località in cui verrà recapitata la posta non solo a giorni alterni (lunedì, mercoledì e venerdì), ma con un metodo a scacchiera oltremodo penalizzante (una settimana lunedì, mercoledì e venerdì, quella successiva martedì e giovedì) la presenza dell’online sia ancora una chimera.
Chiunque lo può sperimentare muovendosi in questo nostro Paese. Non solo la Rete è poco presente, ma anche quella dei telefoni cellulari è ballerina quando ci si allontana dai maggiori centri. La stessa Autorità lo ammette nella sua Relazione quando afferma che “l’Italia conferma una posizione di arretratezza nell’indicatore di realizzazione della banda larga”. E a livello delle famiglie siamo al 51% con la sottoscrizione di un abbonamento, rispetto al 70% di media europea e una copertura della banda larga del 36% contro una media dei 28 Paesi Ue del 68%.
Da una parte si auspica un evento (la consegna digitale) che da un’altra parte viene escluso osservando la realtà (l’arretratezza italiana nell’online). Per non parlare della dimenticanza totale dei periodici del territorio, i nostri compresi, veri e propri quotidiani che escono una volta alla settimana. Non considerare questo presenza e questo fortissimo legame con milioni di persone significa vivere in un altro Paese. Un legame, ricordiamolo, fino ad oggi assicurato grazie al servizio universale di Poste italiane. Costo o investimento, quindi? Chiediamolo agli interessati, a chi vive, conserva, custodisce le periferie più lontane.
* Presidente della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC)
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