Consegna a giorni alterni
Piccoli comuni, le Poste non ascoltano il Governo
L'esecutivo ha dichiarato non più tardi di qualche settimana fa per bocca del portavoce del sottosegretario Lotti: "C'è l'impegno del presidente del Consiglio con Poste italiane affinché il servizio universale sia garantito" essendo "considerato dal governo prerogativa fondamentale". Ma Poste Italiane fa orecchie da mercante.
Non c’è tregua per i giornali. E non c’è tregua neppure per il cittadino italiano. Lo diciamo dopo aver letto la lunga lista di Comuni pubblicata nei giorni scorsi sul sito ufficiale di Poste italiane. Da una parte il governo rassicura le associazioni di categoria, dall’altra Poste prosegue imperterrita il suo piano di razionalizzazione che prevede il primo ottobre prossimo l’avvio della consegna della posta a domicilio solo a giorni alterni. O meglio, la consegna avverrà così: una settimana il lunedì, il mercoledì e il venerdì e la settimana seguente il martedì e il giovedì. Sarebbe più esatto chiamare questo sistema a scacchiera piuttosto che a giorni alterni. Un vero rompicapo per chi dovrà ripensare il recapito di quotidiani e settimanali.
Dicevamo dell’elenco delle località coinvolte in questa prima fase. Poco più dello zero virgola della popolazione del nostro Paese, ma pur sempre una infinita sequenza di piccoli centri dietro i cui nomi si celano migliaia di persone che ancora abitano e custodiscono luoghi noti e meno noti nei quali pulsa la vita d’intere comunità. Cosa abbiano di meno questi cittadini per venir discriminati in questo modo non è assolutamente dato sapere. Si sa solo che hanno deciso di vivere, investire e lavorare in quella parte d’Italia i cui Comuni hanno meno di 30mila abitanti e una densità inferiore ai 200 abitanti per chilometro quadrato. Questi sono i motivi per cui Poste ha deciso che a questa gente non verrà più consegnato il quotidiano tutti i giorni e neppure il settimanale diocesano, da tanti atteso in un giorno preciso. Perché questo accanimento? Perché questa distinzione tra cittadini?
La Rete è la risposta tanto sbandierata e abusata. La risposta data fino alla nausea. Chi gira e frequenta le periferie d’Italia sa benissimo che la Rete nella cosiddetta Provincia è spesso ancora solo un pio desiderio. Rimane un obiettivo da raggiungere, non è di certo una realtà acquisita. Resta illusorio e velleitario, quindi, invocare la diffusione dei giornali tramite internet, in sostituzione della mancata consegna a domicilio. Una doppia beffa per chi rimane sul territorio, a presidio spesso di zone lontane e abbandonate. Ora neanche più il postino busserà tutti i giorni, nonostante quanto il governo ha dichiarato non più tardi di qualche settimana fa per bocca del portavoce del sottosegretario Lotti: “C’è l’impegno del presidente del Consiglio con Poste italiane affinché il servizio universale sia garantito” essendo “considerato dal governo prerogativa fondamentale”.
Non sappia la destra quello che fa la sinistra: pare questo il dettato messo in atto dall’esecutivo Renzi. Da una parte si cerca di tener buoni gli editori con incontri tranquillizzanti e convincenti, dall’altra non si fa fare marcia indietro a Poste che, per raggiungere la quotazione in Borsa, è costretta a una dura cura dimagrante sul versante costi. Da una terza parte rimane il cittadino, sconsolato e afflitto, che vede, legge, ascolta e non comprende. Così come non comprendiamo noi che abbiamo snocciolato quella lunga giaculatoria di Comuni e in essi abbiamo scorto i volti attoniti di chi, dal primo ottobre, non sarà più raggiunto dal servizio universale, come invece chiede una direttiva europea. Ma si sa, l’Europa viene tirata in ballo ad arte, e a scartamento ridotto, quando conviene. Quando non fa gioco, si fa finta di nulla. Non faranno certamente come se nulla fosse le migliaia di persone coinvolte in questa sciagurata decisione, come anche noi abbiamo detto e scritto infinite volte e in ogni sede. Faranno sentire la loro voce, alta, chiara e forte, sindaci e singoli cittadini. Noi faremo lo stesso. Non possiamo tacere davanti a queste palesi ingiustizie. Ne va del nostro Paese. Ne va delle libertà democratiche, ne va della partecipazione, ne va del coinvolgimento di tutti, nessuno escluso. Speriamo solo che il buon senso prevalga sulle logiche economicistiche. E che i bilanci sociali contino di più rispetto a quelli fatti di costi e di ricavi. Nonostante tutto, noi ci crediamo e ci speriamo ancora.
* Presidente Fisc
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