Dopo 300 anni visibili i gradini autentici in marmo
Scala Santa reliquia della Passione
Intervista al rettore Padre Francesco Guerra dopo la riapertura ai fedeli alla fine dei lavori di restauro
Fedeli da ogni parte del mondo per salire i gradini della Scala Santa a Roma riaperta dopo quasi trecento anni da quando Papa Innocenzo XIII, nel 1723, la fece rivestire con delle tavole in legno per custodirla e proteggerla dal via vai dei fedeli. Ventotto gradini in marmo che si salgono in ginocchio e che nessun piede umano ha mai calpestato. Persino Pio IX alla vigilia della presa di Roma, nel 1870, dovette inginocchiarsi per raggiungere il piano superiore, si fermò su quei gradini santi in preghiera affinché si trovasse un accordo di pace. Oggi la Scala Santa, uno dei luoghi sacri di Roma e più cari alla devozione cristiana, si può salire fino al prossimo 9 giugno, con la certezza di avere anche un’indulgenza plenaria e raggiungere infine la cappella Sancta Sanctorum. Dopo mesi di restauro, alla cerimonia di apertura straordinaria era presente il Vicario del Vescovo di Roma, il cardinale Angelo De Donatis. Per la prima volta dopo quasi 300 anni la Scala si presenta senza la copertura in legno per proteggere quei marmi che secondo la tradizione furono calpestati soltanto da Gesù. La storia d’epoca medievale narra di Sant’Elena Imperatrice, madre di Costantino, che nel 326 fece trasportare a Roma la scala percorsa da Cristo per raggiungere a Gerusalemme l’aula dell’interrogatorio di Pilato prima della crocifissione. Sono migliaia oggi i fedeli che percorrono quel percorso di devozione a due passi dalla basilica di san Giovanni in Laterano, il rettore della Scala Santa, padre Francesco Guerra, passionista, ci spiega perché è così visitata.
Padre Francesco cosa significa per un fedele percorrere questi 28 gradini santi in ginocchio?
Vedere con i miei occhi quanto sono consumati, particolarmente in alcuni punti dove si puntano solitamente i piedi, mi ha fatto pensare ai milioni di persone che sono passate da qui per toccare e baciare i quattro punti dove ci sono le gocce del sangue di Gesù segnalate dalle croci e da una piccola grata. Osservando i gradini consumati della Scala Santa si intravede il percorso di come i fedeli si incanalano al centro verso quelle macchie e poi si riallargano verso i lati per salire gli altri gradini. La consumazione dei gradini è come l’impronta di una folla che cammina e che vuole toccare le gocce di sangue. Questo si notava già sui gradini rivestiti di legno, pur non vedendo nulla. Questo ci dice della necessità che noi abbiamo come persone di toccare il sacro, quasi di voler toccare Dio. Noi uomini non siamo puramente raziocinio, intelligenza, siamo anche sentimento, ricordo, istinto. Poiché siamo l’insieme di tutte queste cose abbiamo bisogno anche del contatto. Come farebbe un bambino a sentire l’amore della madre se la madre non l’abbracciasse, oppure come si può dire ad una madre di non abbracciare il proprio figlio per sentire il suo amore, la stessa cosa vale per chi sale la Scala Santa. Il fedele ha bisogno di salirli e di toccarli perché facendo questo esercizio lentamente dà modo alla persona di ricordare Gesù e la sua Passione, ma dà modo a ciascuno di noi di ricordare la nostra vita, le cose belle e quelle brutte, e di metterci davanti a Dio mentre si salgono i gradini della Scala Santa. Questa fatica fisica, questo dolore e questa lentezza nel fare le cose, ci mette nella condizione di avere la disposizione d’animo più adatta per questo contatto che attraverso il corpo riesce a toccare le corde del cuore e dello spirito. Questo è stupendo perché da una parte dice della complessità della persona umana dall’altra della sua ricchezza pur facendo un gesto molto elementare, popolare e devozionale. Come dice Papa Francesco la devozione popolare è l’incarnazione completa della fede, che si può esprimere nei libri di teologia, ma che il popolo la sente meglio quando la madre insegna al bambino a fare la croce, ad imparare le preghiere, lì c’è la fede vissuta e trasmessa e quindi appresa. È l’insegnamento che avviene attraverso la trasmissione o meglio la “tradizione”. Tramandare di padre in figlio è una cosa stupenda.
È vero che a salire i gradini della Scala Santa sono persone di altre religioni?
La Scala Santa o l’immagine dell’Acheropita che sta dentro la Cappella del Sancta Sanctorum, la più antica a Roma, è visitata da tanti fedeli dell’Est, ortodossi e cristiani-ortodossi che ugualmente fanno questo percorso. Vengono addirittura persone di cultura occidentale buddista che fanno questo gesto, in quanto avvertono attraverso questi segni sacri della presenza di Dio, in qualche modo tangibile, diventano uno strumento per coltivare la propria spiritualità.
Come si è arrivati all’apertura straordinaria della Scala Santa?
Ci si è arrivati perché le tavole di legno erano tarlate, rovinate, avevano bisogno di restauro. Le prime otto sono quasi pronte, le altre ancora devono essere restaurate e ripulite dalla polvere. Non è stato semplice avviare questi restauri, in parte curati dai Musei Vaticani, ma a far fronte alla parte economica tanti benefattori che hanno reso possibile tutto ciò. Quindi l’apertura straordinaria è arrivata perché i gradini di legno hanno bisogno di essere restaurati e fino al 9 giugno prossimo i gradini di marmo dopo quasi trecento anni saranno percorribili da tutti in via eccezionale senza la copertura in legno ma allo stato originale.
Lei è rettore della Scala Santa da otto anni. Che effetto le ha fatto vedere i gradini in marmo?
Per tutti noi padri Passionisti, custodi del Santuario, è stata una sorpresa assoluta vedere questi gradini, perché nelle documentazioni storiche che abbiamo non emergono particolari. Sappiamo che Papa Innocenzo XIII fece ricoprire questi gradini perché era necessario per custodirli nel tempo, ma non c’è una descrizione dettagliata ma una semplice annotazione di poche righe. Abbiamo anche una bolla papale che descrive la necessità ma senza i particolari che noi abbiamo scoperto ora. Dai restauri svolti abbiamo intuito di precedenti restauri fatti al marmo laterale, non alla scala, tra il 1940 e l’anno santo del 1950. Poi la Seconda Guerra Mondiale per un periodo ha impedito il proseguo dei resturi. Alcuni interventi, poi, sono stati svolti ma non abbiamo le descrizioni degli interventi. Oggi possiamo fotografarli, descriverli, resterà documentazione storica e forse, stiamo chiedendo il permesso, l’undicesimo gradino, che ha la grata con sotto la croce, rimarrà visibile sotto un vetro.
Per voi Passionisti, che ne siete i custodi dal tempo di Pio IX, è una grande responsabilità?
È una grande grazia e opportunità oltre che una responsabilità nel senso pieno e bello del termine. Si sente il peso e la gioia nello stesso momento, ma anche la grazia. Essere al servizio del Santuario è una esperienza di forte sostegno spirituale soprattutto per le persone che vengono a confessarsi e al colloquio portando la loro passione, la loro croce, trovando il conforto e le risposte della grazia di Dio che ci sono.
In questi sessanta giorni sarà un via vai di pellegrini. Qual è il consiglio per vivere nella maniera più giusta questa occasione di poter salire i gradini che salì Cristo prima di essere crocifisso…
Gli orari più tranquilli sono quelli del mattino dalle 6.30 alle 9, dove è possibile gustare meglio la preghiera e quella tranquillità anche esteriore che permette di vivere la preghiera e la devozione nel salire la Scala Santa con più interiorità. Importante e richiesta dalla indulgenza è meditare la Passione di Gesù, si consiglia di portare un Vangelo e leggere qualche brano della Passione di Cristo salendo i gradini o ricordandoli a mente. Abbiamo anche degli opuscoli in 9 lingue dove, ad ognuno dei 28 gradini, è collegato un brano della Passione di Gesù a partire dall’Ultima Cena fino alla Resurrezione perché questi sono i temi dipinti negli affreschi: non solo la Passione e la morte, ma dall’Ultima Cena fino alla Pasqua di Resurrezione.
La Scala Santa si trova al centro di una cornice meravigliosa di affreschi, a sinistra l’Antico Testamento a destra il Nuovo testamento…
Attraverso gli affreschi si dà la possibilità di ripercorrere il mistero centrale della nostra fede. In questo senso la storia dovrebbe riabilitare Sesto V perché è stato considerato un riformatore urbanistico di Roma ma è proprio qui che ha mostrato tutta la sua profondità teologica. Lui, un francescano discepolo di San Bonaventura, si occupò della scelta dei temi dipinti. Altri avranno collaborato con lui e altri ancora li hanno eseguiti. Gli affreschi dell’Antico Testamento partono dalla Creazione per arrivare a Giona. Ad esempio, il giardino dell’Eden, il paradiso terrestre, è dipinto a cerchi concentrici con gli animali che lo abitano e al centro l’albero della vita. Ma l’albero della vita è dipinto a forma di croce, è la croce l’albero della vita. Questo ci dà già il senso del Santuario della Passione come lui l’ha voluto. C’è la passione di Gesù, i gradini del pretorio, ma c’è anche la passione degli uomini perché dentro l’altare nel Sancta Sanctorum ci sono le reliquie dei martiri testimoni della fede. Tutto l’Antico Testamento delle due scalinate laterali non sono semplicemente il racconto della Bibbia antica ma il racconto della salvezza, cioè della storia di Dio e degli uomini.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento