Scampata al sisma: "non sono migliore di chi non ce l'ha fatta"
Il racconto di suor Marjana Lleshi delle Ancelle del Signore. La religiosa è stata tratta miracolosamente in salvo da un ragazzo colombiano che nell'istituto per anziani faceva il badante. Il suo "angelo". "Pensando alle suore che sono ancora sotto le macerie - racconta -, devo dire che io non sono più santa di loro. Allora, mi chiedo: perché io mi sono salvata e loro no? Ho capito che Dio non guarda la perfezione della nostra fedeltà ai suoi comandamenti, ma è amore e misericordia".
L’eroe che l’ha salvata, anzi l’angelo che l’ha strappata alle macerie, si chiama Louis. E’ un colombiano, di professione fa il badante e si trovava ad Amatrice per assistere una famiglia di anziani in villeggiatura proprio nell’Istituto delle suore “Ancelle del Signore” di padre Minozzi. Si trova all’ingresso della cittadina laziale e, come tutto il centro storico, anche la struttura è stata completamente rasa al suolo. A raccontare quella drammatica notte del 24 agosto è suor Marjana Lleshi. La sua foto, che la ritrae distesa per strada e sanguinante, è diventata l’immagine-simbolo della tragedia che ha colpito l’Italia. 15 erano gli ospiti presenti: sono morti quattro anziani e tre suore. Si cercano ancora dispersi sotto le macerie. Suor Marjana, 35 anni, albanese, si è salvata insieme ad altre due consorelle, ora ricoverate all’Ospedale di Rieti. Lei, invece, si trova attualmente ad Ascoli Piceno dove è stata curata ed è tenuta sotto controllo medico.
Suor Marjana, ci racconti come è andata?
Mi sono accorta del terremoto solo mezz’ora dopo la prima scossa, quando tutto mi cadeva addosso. Mi sono guardata attorno e ho visto che tutto crollava. Avevo un taglio sulla testa e ho chiesto aiuto. Ho guardato verso la strada, dove le persone erano perse e confuse. Nessuno mi rispondeva. Continuava a crollare tutto. Ho fatto in tempo a coprirmi con un maglione, indossare il velo e mi sono di nuovo rifugiata sotto il letto dicendomi che era meglio rimanere lì finché non fossero arrivati gli aiuti. E’ stato a quel punto che mi sono rassegnata. Chiedevo aiuto invano. Ho cominciato, allora, a inviare messaggi alle persone più care per avvisare che c’era il terremoto, che non c’era più speranza, che sarei morta e che quello era un saluto di addio. In quel momento, ho sentito una voce che chiamava e in fondo al corridoio dove prima c’era una porta ho visto un ragazzo che era ospite da noi. Mi ha preso e mi ha invitato a seguirlo sulle macerie, conducendomi in salvo.
Che cosa c’era attorno a voi?
Tra le macerie ho sentito una nostra sorella che chiedeva aiuto. Mentre cercavamo di capire da dove provenisse la voce, abbiamo sentito un’altra suora lamentarsi perché le mancava il respiro e aveva le gambe bloccate. Siamo rimasti accanto a loro cercando di rasserenarle. Non potevamo smuovere le macerie, perché tutta la zona era pericolante. Poi sono arrivati gli aiuti con la guardia forestale e le due suore sono state tratte in salvo e portate all’ospedale di Rieti.
Che pensieri ha avuto quando ha salutato i suoi cari pensando per l’ultima volta?
La voglia di vivere e di non mollare. Ma quando vedevo che non c’era nessuno ed ho perso ogni speranza, la prima cosa è stato pensare alle persone che mi sono più care. Ho quindi ripercorso la mia vita ed ho visto che la scelta di offrirla per gli altri era l’unica che valeva fare. E’ stato proprio in quel momento che ho sentito la voce del ragazzo che mi chiamava e in quella voce ho sentito la voce di Dio che mi chiamava alla vita.
Lei ha detto che quel ragazzo è stato per lei come un angelo.
E’ stato l’angelo che Dio ha mandato quando pensavo di morire e quando tutto attorno a me crollava. Era tutto raso al suolo e mi trovavo come sulla punta di un cono rovesciato in mezzo a briciole di macerie. Quando ho visto quel ragazzo che mi diceva di seguirlo, io ho sentito Dio che mi diceva: devi ancora vivere, nonostante tutto, devi vivere.
Perché, secondo lei, Dio ha risparmiato proprio la sua vita?
Posso solo dare un’interpretazione personale perché non ci può essere una risposta a questa domanda. Io ho visto un Dio che, in mezzo alla morte, dà la vita. Pensando alle suore che sono ancora sotto le macerie, devo dire che io non sono più santa di loro. Allora, mi chiedo: perché io mi sono salvata e loro no?
La voce di suor Marjana è rotta dal pianto. E dopo una lunga pausa di silenzio aggiunge:
Ho capito che Dio non guarda la perfezione della nostra fedeltà ai suoi comandamenti, ma è amore e misericordia. Questa è la mia interpretazione rileggendo l’esperienza dolorosa che ho vissuto.
Sono morti molti bambini. Come si fa a sopravvivere a tanto dolore?
Purtroppo Amatrice è stata rasa al suolo. Tante famiglie sono distrutte. Ieri sentivo le persone fare l’elenco di chi c’era e di chi era morto. La gente è disperata e ha bisogno ora di essere aiutata. Le lacrime scendono. Sono tante. Ci sono tante persone che stanno rischiando. Il ragazzo che mi ha salvato ha rischiato la sua vita. Poteva andarsene, ma sapeva che potevano esserci persone ancora vive.
La speranza, suor Marjana, è viva in questi angeli?
Angeli? Ma qui la religione non c’entra. Noi uomini siamo fatti per amare e aiutare l’altro. E in queste tragedie si rivela cosa è l’uomo, a prescindere dalla sua religione, dalla sua cultura, dalla bontà stessa della persona. Prenda me. Io non sono migliore delle persone che non ce l’hanno fatta. Mi sono salvata. Perché? Chiedermelo ora non serve, perché non avrò mai risposta. Però prima o poi comprenderò, a Dio piacendo, cosa Lui vuole da me.
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