L'africa è la mia casa. Una missione diventata vita
Francesca Basile, originaria di Luzzi, racconta a Parola di Vita la sua lunga esperienza in Africa ed il sogno di aiutare il prossimo grazie ai progetti portati avanti da Stella Cometa
Francesca ha 32 anni e vive a Luzzi, ma da qualche anno la sua casa è diventata l'Africa. L'ha scoperta grazie al suo istinto di viaggiare per mettersi al servizio del prossimo, per portare il Vangelo della speranza, dell'accoglienza, della solidarietà. Pian piano quello che era un sogno è diventato una realtà, da vivere e da raccontare. Noi l'abbiamo incontrata per ascoltare e raccontare la sua storia
Ormai l’Africa è diventata la tua seconda casa. Quante volte ci sei stata? In quali posti?
Sono stata in Africa cinque volte. La prima il 2009 in Senegal, per 2 mesi e mezzo, con la mia amica Emanuela, per fare una ricerca per un lavoro di tesi su un progetto di agricoltura biologica. Poi il 2012, in Kenya, per 3 settimane, con Celeste, Francesco, Roberta e Nino, al termine del servizio civile svolto presso l’associazione Stella Cometa Onlus. L’anno successivo ancora in Kenya, per un mese e mezzo, per analisi di contesto in previsione della realizzazione di un progetto di educazione alla mondialità e di un progetto di agricoltura. L’anno scorso sono stata in Camerun con Bernard, per un mese, per un progetto di cooperazione sulla trasformazione e conservazione del pomodoro curato dall’associazione “Iride-Insoliti sguardi sul mondo”.
Poi quest’anno sei partita ancora.
Si, nuovamente in Kenya a Kyumbi, nella diocesi di Machakos, con Stella Cometa, da Don Battista Cimino, per due mesi e mezzo, prevalentemente per seguire le adozioni a distanza e provare a pensare a dei possibili progetti di sviluppo. Sono rientrata il 22 maggio.
Ma quest'ultimo viaggio ha avuto un sapore diverso perchè hai deciso di affiancare il nostro missionario fidei donum don Battista Cimino nell’opera di annuncio di Dio e di servizio ai fratelli più poveri che sta portando avanti in Kenya nella diocesi di Machakos. Cosa ti ha spinto a farlo?
Mi ha spinto la voglia, quasi il bisogno di tornare in Africa, di rivedere quei luoghi dove ero già stata, il desiderio di passare un periodo un pò più lungo per mettermi alla prova, per cercare di fare un’esperienza più seria, per conoscere meglio quel contesto e dare il mio piccolo contributo per provare a dare i mezzi a chi, anche per colpa nostra, non riesce a riscattarsi da una vita di stenti e sofferenza.
Avevi già avuto altre esperienze del genere? In cosa questa è stata ed è diversa?
Gli ultimi tre viaggi avevo avuto esperienze simili. La differenza è che nell’ultimo, pur trattandosi sempre di volontariato, credo di aver fatto anche un’esperienza “lavorativa”. Ho sentito la responsabilità di quello che dovevo fare, nei confronti delle persone che ho incontrato e versoi chi mi ha dato la possibilità di fare questo viaggio. Ho capito quanto sia importante instaurare relazioni tra i paesi coinvolti in progetti di aiuto e solidarietà come, in questo caso, tra Italia e le persone che vengono sostenute in kenya. Non si tratta solo di dare e ricevere. È molto di più, lo vedo sempre più come uno scambio.
La missione in kenya, sostenuta anche dall’associazione Stella Cometa Onlus di Cosenza e dalla sua costola africana Stella Cometa Africa, sta cercando di portare avanti una serie di progetti a sostegno della popolazione. Lo scopo è quello di dare una risposta ai tanti bisogni che ci sono. Come lo fate?
Si può dire che la missione in Kenya è sostenuta solo dall’associazione Stella Cometa in italia, da qualche anno da un’altra Stella cometa nata in Canada e dai tanti amici di Don Battista. In Kenya c’è Stella Cometa Machakos, dove lavorano circa 10 ragazzi che si occupano dei diversi dipartimenti nati per far fronte ad alcuni dei maggiori problemi del territorio: disabili, salute, scuola, promozione della donna, pace e riconciliazione. Sono tanti i disabili in Kenya, conseguenza delle cattive condizioni al momento del parto, della malnutrizione ecc. Stella Cometa si occupa di sostenere programmi di fisioterapia sia a kyumbi sia in alcuni villaggi per dare la possibilità anche a chi è lontano di poterne beneficiare. L’associazione supporta le persone con problemi di salute e che non hanno possibilità economiche, per le cure mediche, l’acquisto dei medicinali, le operazioni ecc. Sostiene anche tantissime donne malate di Aids sia per le cure mediche e sia con la formazione volta all’accettazione e alla gestione della malattia. Inoltre aiuta più di 150 ragazzi per le spese scolastiche. Poi ci sono i Gruppi di auto aiuto, grazie ai quali più di 1000 donne sono riuscite e riescono a mettersi insieme, raccogliere una piccola somma di denaro e avviare dei piccoli progetti di sviluppo. Infine si offre assistenza legale in caso si problemi legati alla proprietà delle terre e in caso di violenze domestiche.
Tu invece di cosa ti sei occupata?
In questo ultimo viaggio mi sono occupata soprattutto delle adozioni a distanza, che stella Cometa ha iniziato da poco. Ho conosciuto i bambini già adottati e ho visitato le loro famiglie e alcune delle loro scuole. Ho poi incontrato altre famiglie da inserire nel programma, cercando di capire, insieme a loro di cosa hanno bisogno e come potrebbero migliorare la loro vita. In una famiglia dove magari ci sono 10 figli è difficile pensare di aiutarne uno soltanto, sarebbe bello vedere l’adozione come un mezzo per attivare dei processi utili alla famiglia e magari anche al resto della comunità.
Oltre alle adozioni siete attivi anche con altri progetti.
Ho cercato di fare un corso di italiano ai ragazzi di Stella Cometa che lavorano in kenya, e mi sono occupata di recuperare foto e video dei primi dieci anni dell’associazione. Poi ho fatto degli incontri per il progetto Giron..Dino, che si occupa di educazione alla mondialità ed ha coinvolto i ragazzi di due scuole in Kenya e una scuola di San Giovanni in Fiore. Uno “scambio culturale” tra i ragazzi dei due paesi, per far conoscere, attraverso laboratori, le tradizioni, la musica, il cibo italiano in Kenya e viceversa, per combattere i pregiudizi, gli stereotipi frutto della non conoscenza.
Quali invece i rapporti con la chiesa locale?
Abbiamo contatti con il vescovo e altri sacerdoti, Stella Cometa Machakos è diventata un’associazione della diocesi di Machakos. Ho avuto poi la possibilità di partecipare a diversi incontri dei vari enti della diocesi tra cui la Caritas.
Oltre alle opere e al sostegno materiale scopo della missione è quello di incontrare altri fratelli, sognare, gioire e soffrire con loro e favorire l’incontro tra due Chiese sorelle. Quale ricchezza ti porti dietro da questo incontro?
Mi porto la facilità di approccio, la bellezza di creare relazione tra persone che hanno la stessa fede. La forza della Parola che riesce ad unire due modi diversi che mantengono le loro differenze.
Quando si parla della fede in Africa ricorre spesso l’aggettivo “freschezza”. Cioè la bellezza di una fede che non risente della secolarizzazione del nostro continente. Hai avvertito questa sensazione?
Si, la fede lì è gioia, una gioia che difficilmente si trasmette e si percepisce nelle nostre chiese. Le messe sono cantate, ballate e, a parte questo, è come se la presenza di Dio fosse vissuta quotidianamente e non solo alcuni giorni o in momenti prestabiliti, come a volte sembra sia qui da noi.
Dalle esperienze e dagli incontri fatti quali “modelli” di vita e di approccio alla fede ti hanno più colpito? Quali suggeriresti di adottare nelle nostre comunità?
La cosa che colpisce di più è la gratitudine che manifestano tutti. Anche chi veramente ai miei occhi non ha niente ringrazia con gioia per quello che ha, è grato! Sono stata in una famiglia che vive in una casa di lamiera, con 5 figli, senza i materassi. Il papà con metà corpo paralizzato, la mamma con altri problemi, lavori saltuari, i bambini da sostenere a scuola e…quando me ne sono andata, l’unica cosa che mi ha detto il padre di famiglia è stata: “pregheremo per te”, questo mi ha colpito molto. Tanti altri mi hanno detto la stessa cosa! Secondo me dovremmo imparare tanto da loro. Prima di tutto la gratitudine per quello che abbiamo, e poi la condivisione, sia materiale, di quello che si ha, ma anche della fede. Una cosa che difficilmente facciamo è la preghiera condivisa che li invece sembra sia parte essenziale dell’essere cristiano.
Cosa ti è mancato più della tua terra quando eri lì? È stato difficile adattarsi?
Mi sono mancati sicuramenti gli affetti, la mia famiglia, gli amici, i miei nipoti, non sentirli quanto avrei voluto! E poi si il pane, quello mi manca tanto, per rimediare ho provato anche a farlo! Ma infondo non so come spiegarlo: non è stato difficile adattarmi anzi ogni volta mi è molto più difficile riadattarmi qui quando rientro. Paradossalmente mi è più difficile avere l’auto a disposizione quando ho bisogno piuttosto che non averla, avere la televisione in casa piuttosto che non vederla per 2 mesi, anche avere a disposizione una vastissima varietà di cibi piuttosto che mangiare tutti i giorni riso!
Ora sei in Italia. Cosa ti manca più del Kenya? Quando ripartirai?
Mi mancano i bambini, la cosa più bella! i paesaggi, la terra rossa. Tante cose… ripartirei anche domani, lo rifarò quando ne avrò la possibilità o quando “il bisogno di andare sarà più forte della forza di restare”.
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