20 marzo, buone e cattive pratiche in città. E tu raccontaci le tue esperienze

In 13 giorni dal primo caso, sono stati 207 i pazienti calabresi contagiati. La media è di 15 al giorno. La crescita obiettivamente c'è stata e continuerà, ma finora i numeri sono controllabili. Purtroppo, nel computo vanno messi anche i 4 decessi, sperando di poterne limitare il numero per i giorni a venire.
L'invito è sempre quello. Restare a casa! Ribadirlo non è mai male, nei giorni in cui abbiamo ormai ben fissa in testa la sigla delle pubblicità che ci ricordano le prescrizioni.
Cosenza è una città quasi fantasma. Raccontiamo quel "quasi", tra buone e cattive pratiche. Senza giudicare nessuno, fotografiamo i nostri comportamenti.
In tabacchino. Gli occhi sono l'unica parte del volto che si vedono del tabaccaio. Per il resto, una maschera bianca lo copre totalmente.
Sembra disoccupato quando, senza quasi salutare (ma questo è un dettaglio), entra un anziano. È senza mascherina e senza guanti. "Me lo dà un gratta e vinci?". Pagato, dato il resto, va via.
Alle poste. A via Vittorio Veneto non è ancora tempo per le pensioni, ma la schiera di mascherine, sia pur distanziata, è tanta.
Via Milelli. Due donne escono dal lavoro, sono ben coperte; percorrono il marciapiede senza neanche guardarsi. Stanno almeno a 3 metri.
Piazza Europa. I commessi dei supermercati percorrono a piedi le strade recando le buste della spesa. Sono completamente bardati. Cresce il numero di cosentini che chiamano market, macellerie e fruttivendole. A piazza Riforma la stessa scena, con un carrello portato fino alla macchina, ma a debita distanza dal cliente.
La postina. Eccola, in giro, l'impiegata delle poste. Non ha la borsa piena, quasi a dimostrare che molto, in Italia, è fermo. "Quando consegnamo una raccomandata o un pacco non ci avviciniamo mai al cittadino. Anche gli adempimenti di firma avvengono mantenendo la distanza".
Buone e cattive pratiche. Se ti va, raccontaci la tua esperienza.