Città unica. Orlandino Greco:" Ogni comunità ha il diritto di decidere il proprio futuro"
Il sindaco di Castrolibero auspica che ci sia una seria campagna di informazione
La differenza tra assolutismo monarchico e democrazia è molto semplice: nell’assolutismo il Re è il detentore esclusivo del potere, della sovranità. Figura emblematica dell’assolutismo è Luigi XIV, chiamato il Re Sole, non soltanto per la magnificenza della corte di Versailles, ma soprattutto perché, ispirandosi alle nuove scoperte astronomiche che ponevano non più la Terra al centro dell'universo ma il sole, Luigi IV si considerava al "centro" dell'universo politico e tutto gravitava attorno a Lui. Nella democrazia la sovranità appartiene al popolo così come recita bene la nostra costituzione. È vero che questa sovranità viene esercitata "nelle forme e nei limiti della costituzione", ma nei momenti più importanti della vita politica che interessano direttamente tutti i cittadini, è il popolo sovrano che interviene mediante l'istituto del referendum. In democrazia tutte le cariche pubbliche sono elettive e, per le principali, come la scelta dei sindaci, dei rappresentanti regionali e quelli nazionali, è il popolo sovrano che sceglie da chi vuole essere governato. Un tempo si diceva: "vox populi vox dei". Il popolo sceglie e la sua scelta è chiara, meditata e inappellabile. La scelta del popolo è l'unica fonte di validità e di giustificazione del potere.
Quando, nell'immediato dopo guerra, si pose la questione della connivenza della monarchia con il fascismo, i grandi politici del tempo, menti illuminate come De Gasperi e Togliatti, con la "svolta" di Salerno, pensarono bene di risolvere la questione pacificamente e si appellarono al popolo perché, mediante un referendum, decidesse il suo futuro, scegliendo tra monarchia e repubblica. Il popolo, il due giugno 1946, scelse la Repubblica. Attualmente, questione assai dibattuta è quella che riguarda la prospettata fusione dei Comuni. Per la provincia di Cosenza, in particolare, la fusione dei tre comuni: Cosenza, Rende e Castrolibero. Questa fusione tocca direttamente i cittadini dei tre comuni nella loro storia, tradizioni, usanze, feste religiose e civili che costituiscono la loro identità. Si tratta di una fusione che, con gli effetti di una reazione chimica, comporterà, per i tre comuni, la perdita della loro identità, la dispersione delle loro caratteristiche, per dare vita ad una realtà completamente nuova, ibrida direi. Sarebbe logico, e democratico, che fossero i cittadini dei tre comuni a decidere le sorti del loro territorio, attraverso una consultazione referendaria che abbia però effetti vincolanti. E sarebbe auspicabile che questa partecipazione democratica venisse esercitata, oltreche’ liberamente, consapevolmente, attraverso una seria campagna di informazione che divulghi idee, contenuti, proposte, risvolti di questa riforma che, allo stato, appare quasi clandestina. E invece, contrariamente ad ogni logica democratica, la proposta viene dall'alto e addirittura esclude i consigli comunali perché li considera un inutile ingombro, così come considera i cittadini un’appendice di irrilevante ‘valore’. Accadrà che i membri del Consiglio Regionale si riuniranno in una stanza e decideranno che questi tre comuni devono estinguersi per formare un nuovo comune unico. E ai cittadini verra’ concesso, di grazia, un referendum consultivo che di fatto è un parere non vincolante e che neppure contempla un quorum legato alla volontà espressa dai cittadini nei singoli comuni. È evidente che questa riforma ha il sapore di una deriva della democrazia che viola i principi costituzionali. Ogni Comunità ha il diritto di decidere il proprio futuro, in quale dimensione politica vivere, all’interno di quali confini municipali e con quali amministratori. In democrazia le decisioni vengono prese dal basso e non calate e imposte dall'alto. Gli stessi rappresentanti regionali e nazionali vengono eletti dai cittadini e dovrebbero rendere conto del loro operato ai loro elettori, ma ormai siamo alla barbarie istituzionale dove non esistono più momenti di concertazione e dove livelli istituzionali di “rango superiore” fanno riforme radicali che cancellano l’esistenza stessa di più comuni a colpi di maggioranza e senza il benché minimo garbo e rispetto istituzionale.
Ma d’altronde la storia si ripete e diversi “re sole” di mediocre statura si attardano alla vista dello stretto.
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