Emily Amantea: i ragazzi con sindrome di down sono una risorsa
Intervista al presidente della sezione AIPD di Cosenza e nuovo membro del direttivo nazionale. Ecco quali sono i percorsi e gli obiettivi della sede locale.
Emily Amantea, presidente dell'Associazione italiana persone down di Cosenza, da poche settimane è stata eletta anche nel direttivo nazionale. Avvocato del foro bruzio, ci racconta il lavoro dell'AIPD.
Di che si occupa l'associazione?
L'associazione cosentina nasce nel 1997, e si occupa della tutela dei diritti e della promozione sociale delle persone con sindrome di down. Dal 1992 l'associazione nazionale promuove anche progetti pedagogici e di autonomia.
Da quanto tempo ne fai parte?
Faccio parte dell'associazione da 5 anni, da quando è nato Felice Francesco, mio figlio, con sindrome di down.
Quali sono le attività dello sportello di Cosenza?
Da poco abbiano aperto lo sportello di consulenza legale, sia su Cosenza che su Villapiana. Attualmente sono attivi lo sportello di consulenza nutrizionale, neurofisiatrica e quello pedagogico.
Quanti siete a Cosenza?
È un associazione composta da una trentina di soci.
Chi si rivolge a voi?
Si rivolgono persone con sindrome di down, famiglie che hanno anche figli con disabilità intellettiva.
Cosa è previsto per i ragazzi down?
Sono attivi percorsi per bambini da 0 a 6 anni. Copriamo tutte le fasce di età e alcuni mesi fa siamo anche riusciti a inserire nel mondo del lavoro un ragazzo con sindrome di down, di nome Davide, di San Marco Argentano.
Dove lavora?
In un'azienda che produce fogli di carta d'alluminio.
Che risorsa sono i ragazzi con sindrome di down?
Quest'anno Aipd festeggia 40 anni. Nel '79 molti nostri bambini erano negli istituti e non vivranno in famiglia; oggi tutti vivono in famiglia e giocano con gli altri bambini. Nell'81 pochi andavano a scuola, mentre oggi ci vanno tutti. Nell'85 non c'erano lavoratori con sindrome di down, ora il 16% di essi lavora. È cambiata l'immagine.
In questo mandato nazionale vorrei sensibilizzare sulla necessità di lavorare sulla parte più fragile, su tutta quella parte di ragazzi che hanno più difficoltà lavorativa.
Come li accoglie il mondo del lavoro?
C'è molta difficoltà ad inserirli anche perché c'è molto pregiudizio, spesso per i tratti somatici. Diversi nostri ragazzi potrebbero lavorare senza problemi. Chi ha scommesso anche su uno solo di loro ha sperimentato che il lavoro è anche migliorato perché, accanto a un giovane con sindrome di down, cambia tutta la prospettiva.
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