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La sfida della digitalizzazione nella produzione

L’imprenditore Fortunato Amarelli è il nuovo presidente di Digital Innovation Hub Calabria

La sfida della  digitalizzazione nella produzione

Innovazione, ricerca, digitalizzazione delle imprese sono le sfide affrontate dal Digital Innovation Hub. Industria 4.0, transizione digitale. Le nostre imprese sono pronte a cogliere la sfida della digitalizzazione dei processi produttivi? Ne abbiamo parlato con Fortunato Amarelli, neo presidente del Digital Innovation Hub Calabria.
Cosa è il Digital Innovation Hub Calabria?
Il Digital Innovation Hub Calabria è nato il 2017 come polo di divulgazione di quello che era il modello industria 4.0. Una tematica attualissima, considerando che la transizione digitale è nell’agenda del governo, e soprattutto adesso, all’indomani della fine della pandemia, ci saranno molte risorse dedicate: continua ad essere infatti in piedi il programma industria 4.0, che dà la possibilità, attraverso il cumulo dei due interventi, cioè industria 4.0 e impianti sud, di avere l’85% di credito d’imposta. Sul mercato ci sono tantissimi impianti che sono in qualche modo certificati industria 4.0, non bisogna però dimenticare che l’industria 4.0 è un modello che deve essere attuato e realizzato nell’azienda, e quindi il Digital Innovation Hub si pone l’obiettivo di andare a saggiare la maturità digitale delle aziende e consigliare le aziende sulle implementazioni dell’industria 4.0.
Quante le aziende che vi si sono rivolte?
Sono state numerose le aziende. Noi abbiamo fatto circa 30 assessment, cioè la realizzazione di un percorso che porta l’azienda ad avere una consapevolezza di quella che è la sua maturità digitale; non sono soltanto percorsi di analisi, l’analisi porta ad un report che racconta alcune caratteristiche dell’azienda, ma anche come queste possono essere migliorate e quali possono essere i benefici dell’introduzione di un modello industria 4.0. Alla fine dell’assessment, il network che si muove intorno al Digital Innovation Hub dà la possibilità agli imprenditori di accedere ad un numero elevato di fornitori che possono aiutare l’imprenditore a implementare il sistema industria 4.0.
Le imprese calabresi sono in grado di cogliere la sfida della digitalizzazione dei processi produttivi?
È una grande opportunità per le imprese calabresi, ma soprattutto, come sappiamo, l’innovazione tecnologica alla quale stiamo assistendo da anni da una parte può essere un grande trial di crescita economica, ma allo stesso tempo rappresentano anche dei limiti, per cui possono rappresentare non solo un’opportunità di innovazione ma anche una necessità. Tante sono le aziende che negli ultimi 30 anni, non avendo avuto una capacità di adeguarsi ad una nuova tecnologia, hanno dovuto purtroppo chiudere. Bisogna capire che i modelli di business hanno un loro ciclo e un loro momento di esaurimento. Avviare un processo di innovazione all’interno dell’azienda dà la possibilità di entrare in contatto con quello che sta accadendo, e quindi di aggiornare il proprio modello di business.
Con l’industria 4.0 la forza lavoro cede il passo al “lavoro intelligente”. Quali le professionalità necessarie?
Oggi siamo alla quarta rivoluzione industriale, iniziamo la rivoluzione digitale. Entrano in scena l’intelligenza artificiale e una serie di meccanismi di automazione che limitano in qualche modo la necessità del lavoro manuale, questo non significa però che nello stesso tempo non creino opportunità di lavoro per altri tipi di competenze. Andiamo verso un mondo del lavoro che ha sempre più bisogno di competenze, dobbiamo insistere affinché i giovani maturino le competenze giuste che serviranno in futuro; oggi abbiamo bisogno di competenze più evolute. Credo che andremo verso un mondo che dia la possibilità di occupare più persone di quelle che in questo momento occupiamo.
La transizione digitale è anche una sfida culturale…
C’è sicuramente uno scoglio culturale, ma non siamo di fronte al primo cambiamento di innovazione. Questi percorsi ci sono sempre stati; è ovvio che c’è un gap generazionale, bisogna avviare processi di innovazione con grande capacità di riqualificazione quando è possibile, poi anche di mitigazione in alcuni casi. Penso ad esempio al tema della digitalizzazione della pubblica amministrazione: in Italia siamo al 24° posto rispetto all’Europa; è vero che digitalizzare la pubblica amministrazione significa creare difficoltà ad un pubblico che comunque deve accedere alla pubblica amministrazione e che non può accedere esclusivamente attraverso il mezzo digitale, quindi in questo caso lo Stato si deve far carico di un modello che permetta questa transizione, e quindi permetta ai giovani di accedere alla pubblica amministrazione attraverso i sistemi digitali, ma conceda anche a tutta una parte di pubblico più anziano, che non deve essere obbligato a riqualificarsi, di accedere anche con gli strumenti tradizionali.
Tra i soci fondatori del DIH anche l’Università della Calabria che con il progetto ‘LAiCy InnCal’ è candidata a diventare European Digital Innovation Hub…
L’Università della Calabria è una grande punta di eccellenza del nostro territorio, soprattutto in una ipotesi, che è quella di un modello di business che possiamo immaginare per il nostro territorio che poggia gran parte delle proprie caratteristiche sulla tecnica e sulla competenza dei nostri giovani. Abbiamo bisogno di questo, perché l’Italia in passato è stato un Paese manifatturiero, ma sappiamo bene che in questo momento emergono a livello globale diversi Paesi capaci di una manifattura a basso costo. L’Italia ha raggiunto dei grandi traguardi in tema di Welfare, nessuno di noi vuole abdicare a questo regime di Welfare, abbiamo bisogno di creare prodotti che hanno un forte valore aggiunto che non può che essere dato dalle competenze che sono il vero fulcro del futuro; l’Università della Calabria è fondamentale rispetto a quello che è il programma di sviluppo di questa regione, proprio per questo è insieme alle altre due università tra i soci fondatori del Digital Innovation Hub; per quanto riguarda alcuni aspetti come il Cybersecurity e l’Intelligenza Artificiale è candidata a diventare European Digital Innovation Hub.
Con l’emergenza sanitaria il metabolismo produttivo delle aziende è cambiato. Cosa dobbiamo aspettarci in futuro?
Voglio essere ottimista, credo che possiamo aspettarci solo cose positive. Dalla pandemia usciamo con una popolazione un po’ più unità, soprattutto quando penso all’Europa. Se penso alla fase pre-Covid ricordo un’Europa divisa, invece adesso abbiamo fatto un processo di forte cambiamento perché si è posta il problema della crescita e dello sviluppo economico. I Recovery Fund, Next generation UE, credo che siano il primo tassello verso un periodo di importanti investimenti. Credo che cambierà proprio il modello del sistema: se prima funzionava un modello legato all’austerity e al patto di stabilità, vedremo, invece, grandi investimenti proprio perché la pandemia ha generato la necessità di essere competitivi a livello globale.

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