Saracinesche abbassate. La pandemia ha acuito la crisi di settore
Maria Santagada, direttrice di Confcommercio Cosenza, fa il punto della situazione nel cosentino
Saracinesche abbassate, negozi che non ce la fanno. L’eredità del Covid-19 per il mondo del commercio cosentino non è ricca, con tanti esercenti che sono stati costretti a chiudere le loro attività.
Ne abbiamo parlato con il direttore di Confcommercio Cosenza, Maria Santagada.
Fa male vedere molti negozi, anche storici, della città con le saracinesche abbassate. Cosa ne pensa?
I negozi sono il cuore pulsante delle nostre città. Rappresentano la vivacità, l’entusiasmo e la voglia di vivere. Vederli chiusi è un colpo al cuore. È come se le nostre città si stessero spegnendo, lasciando spazio all’avanzare di una crisi senza precedenti. Per fortuna ci sono anche tanti imprenditori che stanno continuando a combattere, attingendo ai loro risparmi per mantenere attive le loro imprese. Tuttavia la situazione sta diventando insostenibile. Serve un piano strutturale di ripresa che guardi al lungo periodo.
La pandemia ha evidentemente acuito la crisi. Ha qualche dato da poterci fornire sulle “vittime” economiche nella nostra città?
La situazione è complicata. Pensi che da uno studio da noi realizzato con Format Research è emerso che nella sola provincia di Cosenza rischiano di scomparire tremila imprese del terziario con una perdita di ottomila posti di lavoro.
A subire i danni maggiori è il mondo della ristorazione. Nel 2020 infatti hanno cessato di svolgere la propria attività ben 548 imprese di questo settore. Il colpo si è avvertito anche in termini di occupazione. Le figure professionali maggiormente interessate sono state cuochi, camerieri e barman. E c’è un altro dato allarmante. A pagare il conto più salato di questa crisi, infatti, sono stati soprattutto i giovani: 7 su 10 di coloro che hanno perso il lavoro hanno meno di 40 anni.
A Cosenza negli ultimi anni si è puntato molto sul food. Anche questo ha preparato la crisi?
Sicuramente in questi anni la città di Cosenza è diventata un polo attrattivo per le imprese della ristorazione. Il fatto che a risentire maggiormente della crisi siano state quest’ultime ha fatto sì che le difficoltà venissero percepite in modo ancora più forte.
I ristori previsti dal governo ai commercianti e ai ristoratori sono stati sufficienti?
Sicuramente i vari decreti predisposti dal Governo hanno rappresentato un aiuto per le imprese costrette alla chiusura, ma di certo non sufficiente per permettere a molti di sopravvivere. L’emergenza Covid, infatti, ha decretato la morte di tantissime attività del nostro settore. Gli aiuti spesso non sono stati calibrati su parametri oggettivi, ma sulla base di stime che non tenevano conto del reale stato di difficoltà. Siamo stati chiusi e quindi non abbiamo incassato, ma le spese fisse (affitti, bollette, tasse) hanno continuato a esserci e di questo non si è tenuto conto negli aiuti.
Come Confcommercio è vicina agli esercenti?
Da quando è iniziata l’emergenza siamo stati al fianco delle imprese in ogni istante. Abbiamo intensificato l’erogazione dei servizi in modalità telematica, a partire dalla formazione. Siamo diventati ancora di più un punto di rifermento, raccogliendo le istanze degli imprenditori e portandole ai tavoli istituzionali in cui sediamo.
Il nostro compito è quello di ascoltare le imprese che rappresentiamo e portare la loro voce lì dove il singolo non riesce ad arrivare. Questo è il senso della rappresentanza, il valore aggiunto delle associazioni di categoria.
Consiglierebbe a un giovane di aprire un negozio, ad es. di abbigliamento?
Perché non dovrebbe. Una delle cose che la pandemia ci ha insegnato è che se si integrano i canali fisici e online, le imprese possono svolgere la loro attività lavorativa in tutta tranquillità. Quindi sì, consiglierei di aprire un negozio, che rappresenta il punto di contatto con i clienti che è sempre fondamentale, ma gli suggerirei anche di affiancare un canale di vendita digitale che gli consentirebbe di incrementare le proprie opportunità di business.
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