Raoul Bova e il nuoto, un inno di speranza
In “Come un delfino” l’attore romano sottrae i giovani alla criminalità organizzata
Buttarsi in una piscina, o direttamente in mare, dare colpi di braccia e di gambe sull’acqua cristallina e sentire profumo di libertà. Libertà di pensare che un futuro diverso è possibile, e sentirsi in pieno diritto di costruirlo. Uno degli esempi, questo, di come Mediaset e Canale 5 affrontano l’emergenza Covid – 19. Non potendo dare un continuum ai processi di palinsesto, reinvestono sui titoli di maggior successo così che questi vengano riproposti e riapprezzati, poiché molte volte vale la locuzione “repetita iuvant”. Da una parte dunque un istruttore di nuoto, dall’altra un parroco che, attraverso invece la fede, cerca assieme al nuotatore di sottrarre i giovani di una comunità minorile di Messina alla criminalità organizzata. Tutto ciò, proprio come un delfino che, con il suo entusiasmo, nuota in un mare scevro da insidie. Sotto questi propositi è stato riproposto il mini serial “Come un delfino”, di Stefano Reali, con protagonista Roul Bova. Ora, focalizzando l’attenzione sulla trama in sé, il campione olimpionico di nuoto Alessandro Dominici è costretto ad interrompere la carriera per motivi di salute, portandosi dietro allo stesso tempo il trauma per la morte del padre, annegato per l’affondamento della sua barca, di cui a sua volta pensa di esserne responsabile. Alessandro dunque accetta l’invito dell’amico don Luca, interpretato da Ricky Memphis, che gli propone di allenare dei ragazzi con precedenti, cercando così di sottrarli alla malavita locale capitanata da Ciro Scalese. Questo per quanto riguarda la prima stagione, composta solamente da due puntate; nella seconda, invece di quattro, i ragazzi continuano sul virtuoso sentiero, non senza tuttavia minacce poste innanzi. Il clan Scalese pretende indietro i ragazzi, e non saranno certo la giornalista Anna, nuova entrata della stagione, a scoraggiarli.
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