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Utero in affitto, la battaglia culturale è appena cominciata

"Non è progresso, ma schiavitù delle donne"

“L’utero in affitto è solo una nuova forma di schiavitù subita dalle donne”, afferma Eleonora Porcu, ginecologa, responsabile del centro fertilità del Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna commentando la pratica del’utero in affitto al centro delle cronache di questi giorni. “Il fatto che per la riproduzione non si riesca a fare a meno del corpo femminile, fa sì che le donne siano ritenute meri contenitori umani che svolgono una funzione a termine per altri. Nove mesi per confezionare con pazienza un prodotto finito da consegnare ai committenti.”. Anche la terminologia viene edulcorata: “dire ‘utero in affitto’ turba l’equilibrio dei politicamente corretti, come se bastassero le mistificazioni mediatiche per cambiare la verità dei fatti”. Per la Porcu questa schiavitù “è segno dei nostri tempi: tanto è antica nel concetto di sfruttamento, quanto è moderna nel modo di essere comunicata e travestita. E’ in atto un’operazione culturale di antropologia distorta in cui si dice che basta che la donna sia consapevole e che l’importante è il bambino. La si contrabbanda come libertà della donna, ma che libertà è quella di potersi vendere? A me pare che la parola libertà sia la più vilipesa del vocabolario”. E le donne devono essere le prime a contrastare questa pratica: “A questo punto di maturità, di presa di coscienza, di lotte femministe, dell’aver dimostrato il valore straordinario del femminile, ridurre l’essere donna solo ad un deposito temporaneo, un utensile per fabbricare un prodotto, è straordinariamente lesivo della nostra natura e uno degli insulti che marchiano la nostra epoca”.

Fonte: Sir
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