All'udienza generale il Papa spiega il perdono di Dio
La giustizia retributiva argina il male, ma il peccato si vince rispondendo al male con il bene.
La “strada” della giustizia retributiva “non porta ancora alla vera giustizia perché in realtà non vince il male, ma semplicemente lo argina. È invece solo rispondendo ad esso con il bene che il male può essere veramente vinto”. Ne è convinto il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi – davanti a circa 10mila persone – si è chiesto “come conciliare” due immagini della Sacra Scrittura, che “ci presenta Dio come misericordia infinita, ma anche come giustizia perfetta”. “Come si articola la realtà della misericordia con le esigenze della giustizia?”, la domanda di Francesco: “Potrebbe sembrare che siano due realtà che si contraddicono”, ma “in realtà non è così, perché è proprio la misericordia di Dio che porta a compimento la vera giustizia”. “Ma di quale giustizia si tratta?”, ha domandato ancora il Papa: “se pensiamo all’amministrazione legale della giustizia, vediamo che chi si ritiene vittima di un sopruso si rivolge al giudice in tribunale e chiede che venga fatta giustizia. Si tratta di una giustizia retributiva, che infligge una pena al colpevole, secondo il principio che a ciascuno deve essere dato ciò che gli è dovuto”. Ma questa giustizia non basta, non è ancora “vera giustizia”: solo rispondendo al male con il bene “il male può essere veramente vinto”.
La Bibbia, “come strada maestra da percorrere”, ci presenta “un altro modo di fare giustizia”. Francesco ha spiegato che “si tratta di un procedimento che evita il ricorso al tribunale e prevede che la vittima si rivolga direttamente al colpevole per invitarlo alla conversione, aiutandolo a capire che sta facendo il male, appellandosi alla sua coscienza”. “In questo modo, finalmente ravveduto e riconoscendo il proprio torto, egli può aprirsi al perdono che la parte lesa gli sta offrendo”, ha detto il Papa: “E questo è bello, la persuasione: e così il peccatore si apre al perdono che gli viene offerto”, ha commentato a braccio.
“È questo il modo di risolvere i contrasti all’interno delle famiglie, nelle relazioni tra sposi o tra genitori e figli, dove l’offeso ama il colpevole e desidera salvare la relazione che lo lega all’altro”, ha spiegato. “Certo, questo è un cammino difficile”, ha ammesso il Papa: “Richiede che chi ha subìto il torto sia pronto a perdonare e desideri la salvezza e il bene di chi lo ha offeso. Ma solo così la giustizia può trionfare, perché, se il colpevole riconosce il male fatto e smette di farlo, ecco che il male non c’è più, e colui che era ingiusto diventa giusto, perché perdonato e aiutato a ritrovare la via del bene”.
A braccio poi Francesco ha detto che “Dio non vuole la condanna di nessuno, di nessuno!”. “Il Signore continuamente ci offre il suo perdono e ci aiuta ad accoglierlo e a prendere coscienza del nostro male per potercene liberare”, ha affermato Francesco: “Perché Dio non vuole la nostra condanna, ma la nostra salvezza”, ha spiegato. “Tutte le parole dei profeti sono un appello appassionato e pieno di amore che ricerca la nostra conversione”, ha fatto notare il Papa, citando il profeta Ezechiele. “Forse che io ho piacere della morte del malvagio o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?”. Poi il Papa ha preso in esame una possibile obiezione: “Ma, padre, la condanna di Pilato se la meritava, e anche Giuda… No, Dio voleva la salvezza di Pilato e anche di Giuda: vuole la salvezza di tutti. Lui, il Signore della misericordia, vuole salvare tutti. Il problema è lasciare che lui entri nel cuore”.
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