Padre Fares e quella volta che papa Francesco stava aiutando una pecora a partorire
Il volume scritto da Diego Fares “Il profumo del pastore” che il Papa ha donato a tutti Padri sinodali intende entrare nel cuore dell’azione episcopale di Francesco e nella “mens” profonda del suo magistero sulla figura del vescovo.
Papa Francesco è il primo Papa che da vescovo non ha partecipato al Concilio Vaticano II, e in questo senso è il Papa che dà il Concilio stesso come una tappa della vita della Chiesa dalla quale non solo non si torna indietro, ma sulla traccia della quale bisogna andare avanti. La sua ecclesiologia è quella del Concilio, espressa in modo magisteriale nella Costituzione dogmatica “Lumen gentium”. I movimenti del Pontefice ci fanno sperimentare un’immagine realistica e concreta di come un vescovo possa essere in mezzo al suo popolo. Vescovo e popolo fanno un cammino insieme, in cui “la totalità dei fedeli che hanno l’unzione ricevuta dal Santo Spirito non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua particolare proprietà mediante il soprannaturale senso della fede di tutto il Popolo, quando ‘dai Vescovi fino agli ultimi fedeli laici’ esprime il suo consenso universale in materia di fede e di morale” (LG 12).
Ma soprattutto è importantissimo capire che pastorale non si oppone a dottrinale. La pastorale non è un’applicazione d’una “dottrina” gestita per i dottori della legge, che hanno le mani pure perché non toccano mai la gente, ma agiscono soltanto con le idee chiare e distinte di Cartesio, mentre i pastori se le sporcano. Papa Francesco ha mostrato come i vescovi devono essere esperti in umanità, cioè in conoscenza delle concrete situazioni esistenziali nelle quali vive oggi la gente.
Qualcuno cerca di riproporre vecchie categorie per definire i pastori: “conservatori” e “progressisti”. È una distinzione inutile. Quanto lo è la distinzione tra “seguaci” della dottrina e “adattatori” della dottrina. L’incarnazione ci dice che la dottrina astratta, intesa come corpus di nozioni, non salva se non è rivolta a un popolo, a persone. La vera distinzione è tra “ideologi” e “pastori”.Essere pastore significa non solamente confermare nella dottrina, ma anche accompagnare le persone nel loro cammino, anche in cammini bui. Consiste nel decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme. Il pastore deve stare dunque vicino alle pecore, “avere l’odore delle pecore”, come disse Papa Francesco in uno dei suoi primi interventi. Aprendo i lavori della 68ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana il 18 maggio 2015, Papa Francesco ha chiesto ai vescovi di essere non “piloti”, ma veri “pastori”. Più volte il Pontefice ha fatto appello ad essere “vescovi pastori, non prìncipi”, usando immagini che erano già sue sin da quando reggeva la sua precedente diocesi, quella di Buenos Aires.
Il volume scritto da Diego Fares “Il profumo del pastore” che il Papa ha donato a tutti Padri sinodali intende entrare nel cuore dell’azione episcopale di Francesco e nella “mens” profonda del suo magistero sulla figura del vescovo. Padre Fares può farlo perché non è solo uno studioso, ma è persona che frequenta Jorge Mario Bergoglio da 40 anni. Gesuita, è stato accolto nell’Ordine nel 1976 dall’attuale Pontefice quando egli era Provinciale della Compagnia. È stato anche suo “padrino” di ordinazione sacerdotale. Laureato in filosofia, è stato professore di metafisica presso la Universidad del Salvador dei Gesuiti e presso la Pontificia Universidad Católica Argentina. Ma ha pure lavorato per circa vent’anni con un team di oltre un centinaio di laici presso l’Hogar de San José, un centro di accoglienza per adulti che vivono in strada o in condizioni di estrema povertà, e la Casa de la Bondad, un hospice per malati terminali. Attualmente è membro del Collegio degli Scrittori della rivista “La Civiltà Cattolica”.
Il suo è un profilo che corrisponde all’intellettuale che non vive in laboratorio ma elabora il suo pensiero a contatto diretto con la realtà delle periferie. E da questa prospettiva si è assunto il compito di spiegare al lettore chi sia il vescovo nella visione di Papa Francesco. Ed è lui che, sul tema dei vescovi pastori ha ricordato un episodio illuminante descritto in dettaglio in questo volume. Bergoglio, da rettore dello “scolasticato” dei gesuiti in formazione, stava aiutando una pecora a partorire. La pecora aveva rifiutato un agnellino dei tre che aveva partorito. Bergoglio chiese a uno studente di prendere l’agnello in camera sua per allattarlo e custodirlo. Questo giovane gesuita puzzava di odore di pecora e l’agnello lo seguiva per tutta la casa, fino in chiesa e nelle aule. “Se tu la custodisci, la pecora ti segue”, commentò padre Bergoglio.
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