Padre Patton, “Natale è un dramma non un cine-panettone”
Rispolvera alcuni versi di Ungaretti, Cristo "Astro incarnato nell’umana tenebra", il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, per spiegare il Natale. "È un dramma, non un cine-panettone". Un dramma che impegna l'uomo a lasciarsi illuminare dalla Luce e realizzare "il sogno di Dio" che è la salvezza dell'umanità.
“Un dramma e non un cine-panettone”.
(Foto: AFP/SIR)
È il Natale per il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton. “È un dramma”. Il francescano ripete la frase quasi a sincerarsi che sia stata ben intesa. Come un dramma… Il Natale, la solennità con cui i cristiani celebrano l’Incarnazione di Gesù, il Dio della pace, un dramma? “Sì – è la risposta ancora più convinta -.
Il Natale è il dramma di un Dio che è Luce da Luce e che entra dentro una storia buia per illuminarla. Le tenebre da un lato non riescono a sopraffarla ma dall’altro non l’accolgono”.
Le parole del Prologo di san Giovanni sono lì a chiarire ulteriormente il concetto. Aiutano anche i versi di una poesia di Giuseppe Ungaretti, intitolata “Mio Fiume anche tu” e ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale che il Custode recita a memoria in uno dei passaggi più significativi. “Cantando il Cristo – spiega padre Patton – il poeta scrive: ‘Astro incarnato nell’umana tenebra, Fratello che t’immoli, Perennemente per riedificare umanamente l’uomo’. Ecco, questo è il dramma del Natale”.
Un dramma che interpella innanzitutto i cristiani del Medio Oriente che “vivranno queste giornate con una grande intensità liturgica, poco riscontrabile in Occidente e, comunque sia, all’interno di una situazione di tensione e di preoccupazione”.
Come, per esempio, “chi abita nelle zone più povere della Cisgiordania o a Gaza. Chi vive in Siria vivrà il Natale pregando ogni giorno che la guerra finisca davvero per iniziare un cammino di riconciliazione e di ricostruzione. I cristiani che vivono nei villaggi siriani dell’Oronte, dove è ancora forte la presenza jihadista, sperano di riprendere una vita tranquilla e rimettere le croci sui loro campanili, tornare a fare il presepe o, per i frati che sono lì, a indossare di nuovo il saio. Pensiamo anche alle migliaia di rifugiati e sfollati cristiani che sono in Turchia, in Libano e in Giordania. Nel loro dramma coltivano aspettative di Bene, quello con la B maiuscola e non solo di beni”. Ma il dramma del Natale che “vuole fare luce dentro la storia buia dell’uomo” è anche in eventi che hanno costellato questo 2018: il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, la controversa legge sullo Stato ebraico, la fallita riconciliazione inter-palestinese, i razzi lanciati contro Israele, le proteste e i morti a Gaza, gli accoltellamenti…
Ma come leggere tutti questi fatti dentro la storia di Dio che si fa uomo per “riedificarlo umanamente” come scrive Ungaretti? “Da credenti” afferma il Custode, “e con lo stesso atteggiamento con cui la Madonna leggeva la storia del suo tempo e li cantava nel Magnificat: Dio ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati e rimandato i ricchi a mani vuote.
La lettura di fede è quella che ci permette di vedere oltre – senza saltarle – le vicende che ci troviamo a vivere
e comprendere il verso dove Dio vuole condurre la storia”. Così facendo “ci ritroviamo tra il sogno di Dio, il suo progetto di salvezza per noi, il suo ideale di storia, e l’esperienza dei disastri comune anche al tempo di Maria”. Tra la storia presente e il sogno di Dio “c’è la nostra fede e la responsabilità grande di chi ha il potere di prendere decisioni e quella nostra, quotidiana, che esercitiamo appoggiando visioni della vita piuttosto che altre diventando o costruttori di pace o fomentatori di odio. È un percorso faticoso che richiede tempo e pazienza”. Ammette padre Patton: “Noi vorremmo che tutte le situazioni difficili si sanassero in un batter d’occhio, che i conflitti si potessero risolvere in una sessione di negoziati e che i problemi economici sparissero dopo aver preso delle sagge decisioni. Ma sono questioni che richiedono processi lunghi che coinvolgono la nostra personale umanità e responsabilità così come quella dei leader delle nazioni”.
Betlemme, altare della Natività
L’augurio di Natale del Custode allora non può essere che questo:
“Che in ciascuno di noi si realizzi il sogno di Dio, che riusciamo a tenere in piedi la speranza, senza cadere nel pessimismo. Maria e i profeti ci insegnano a essere persone di speranza in mezzo a tempi difficili”.
L’augurio è anche che “si realizzi la profezia di Isaia, ‘spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra’. Che anche tutta la tecnologia all’avanguardia per dare morte e sofferenza diventi una tecnologia a favore dell’uomo. Che la luce del Natale sia accolta ed entri nelle tenebre, anche personali di ciascuno di noi, per rischiararle”.
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