Mons. Morosini: "il male va denunciato"
Il presule reggino ha presieduto laveglia per le vittime della 'ndrangheta lanciando un deciso monito. Come Chiesa “abbiamo la responsabilità di fare di tutto perché i giovani non perdano la speranza e lì dove possiamo contribuire a creare lavoro o a lenire le sofferenze delle difficoltà della vita dobbiamo continuare a farlo con impegno e amore".
“Noi onoreremo le vittime di ‘ndrangheta se avremo il coraggio di denunciare e di educare alla denuncia. In ciò la nostra società civile deve fare ulteriori passi. È troppa poca la gente che non reagisce per paura, per disinteresse, per non esporsi. Paura e disinteresse rendono vuoto il sacrificio delle vittime che noi commemoriamo e ritardano sine die la soluzione del problema”. È quanto ha detto ieri sera l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, durante la veglia di preghiera per le vittime della ‘ndrangheta e il risveglio delle coscienze, promossa dai religiosi e religiose dall’arcidiocesi nella basilica dell’Eremo sul tema tratto dal salmo 85, “Giustizia e pace si baceranno”. Per il presule reggino nell’educare alla cittadinanza “non dimentichiamoci che, come cittadini, abbiamo l’esercizio di un diritto, quello di voto, che spesso disattendiamo, perché andiamo a votare forse con leggerezza, senza avere la piena consapevolezza del nostro potere di decidere”. Spesso – ha sottolineato mons. Morosini – nel voto “siamo condizionati dalle amicizie e dai favoritismi personali, e il territorio come il nostro fortemente segnato dalla presenza delle associazioni mafiose è estremamente pericoloso. Possiamo dire di avere noi le mani pulite, per aver dato un voto pulito nelle varie competizioni elettorali? Come educatori – è la riflessione – dobbiamo insistere perché il voto non venga venduto al migliore offerente, ma sia pesato”.
E come Chiesa “abbiamo la responsabilità di fare di tutto perché i giovani non perdano la speranza e lì dove possiamo contribuire a creare lavoro o a lenire le sofferenze delle difficoltà della vita dobbiamo continuare a farlo con impegno e amore. I giovani sono facile preda della delinquenza organizzata proprio per il vuoto politico che sta attorno alle loro speranze”. La comunità cristiana deve “saper incidere sulle coscienze”: “non vorrei miei cari che il nostro convenire in preghiera ogni anno si perda nelle nebbie del rito. Ogni azione anti ’ndrangheta, anche la nostra, deve lasciare un segno nella coscienze e deve – ha detto mons. Morosini – convergere verso un unico obiettivo, che è quello di mettere un piccolo tassello per creare quelle condizioni nuove all’interno delle quali la criminalità organizzata non possa trovare terreno fertile per crescere indisturbata”. Da qui la costatazione del presule che l’educazione alla fede “non può essere staccata dall’educazione alla vita, alla cittadinanza, alla legalità. Per cui noi stessi dobbiamo convincerci che il male va denunziato e poi la stessa cosa va detta anche a chi ci è stato affidato per la sua formazione morale: la denuncia del male è un obbligo morale che non può essere disatteso. È il miglior modo di commemorare le vittime dell’ndrangheta”.
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