I rotoli del Mar Morto e il frammento 7Q5
Furono scoperti nel 1947 vicino all’area dei recenti ritrovamenti dei frammenti biblici
La scorsa settimana abbiamo pubblicato un servizio sul recente ritrovamento di una ventina di frammenti biblici nella terra di Israele. Si tratta della scoperta archeologica più importante, sensazionale e stupefacente degli ultimi 60 anni, di cui il mondo è venuto recentemente a conoscenza grazie all’immane lavoro di scavo compiuto dalla Israel Antiquities Authority nel Deserto di Giuda, che si estende tra lo Stato di Israele e la Cisgiordania in Medio Oriente. Questi frammenti di rotoli biblici risalgono a 2000 anni fa, riportano versetti scritti principalmente in greco e contengono porzioni di libro di 12 profeti minori, in particolare 11 righe di testo del profeta Zaccaria e un versetto di quello di Naum appartenenti all’Antico Testamento.
L’area in cui sono stati rinvenuti i recenti frammenti biblici è vicina a Qumràn nello stato di Israele dove, fra il 1947 e il 1956, sono stati scoperti i celebri Rotoli del Mar Morto, la più antica testimonianza di un testo biblico datata tra il 150 a.C. e il 70 d.C. Il clima secco delle grotte del Mar Morto ha permesso l’ottimo stato di conservazione di molti manoscritti, una parte dei quali sono conservati su papiri fragili e facilmente deperibili, mentre altri su pergamena.
Nel 1947 il reperimento del “Rotolo del Mar Morto di Isaia”, che rappresenta oltre 7 metri di tutto il libro di Isaia, ha portato a rivalutare le rovine del monastero di Qumràn, inizialmente ritenute dagli archeologi rovine di una fortificazione romana, poi riconosciute come insediamenti della comunità ebraica degli esseni che viveva lì in stato di isolamento. La vita monasteriale ed eremitica era un dato imprescindibile di questa comunità, come testimoniato dalle regole monastiche adottate più avanti dai monaci cristiani. L’invasione e la furia devastatrice dei romani di Vespasiano, che nel 68 si impadronirono di Qumràn dopo aver sottomesso Gerico negli anni della rivolta ebraica (68-73 d.C.), indussero alcuni esseni a nascondere questi rotoli nelle vicine grotte del Mar Morto poste tra i dirupi, dove rimasero per due millenni, sottraendoli così all’aggressione romana che travolse questa comunità. Muhammad al-Dib (Maometto il lupo), un pastore beduino impegnato a ricercare una capra, scoprì per caso nel 1947 quella che oggi è nota come grotta n. 1, sita nella zona occidentale di Qumràn. Lui e un suo compagno si imbatterono in alcune giare di terracotta, all’interno delle quali vi erano dei rotoli avvolti in teli di lino, venduti subito dopo a un commerciante cattolico siro (Khalil Iskandar Shahin) in un mercato di Betlemme, poi a un metropolita di Gerusalemme (Athanasius Yeshue Samuel) e infine trasportati negli Stati Uniti. In un secondo momento il professor Eliezer Lipa Sukenik dell’Università Ebraica di Gerusalemme acquistò altri tre rotoli, poi comprò l’intero blocco dei manoscritti dal mercante di Betlemme, cui si erano rivolti i beduini.
Ben presto gli istituti culturali israeliani acquisirono nel 1955 tutti i manoscritti, che furono esposti nel 1967.
Negli anni successivi furono scoperti altri manoscritti nelle vicinanze di Qumràn e nelle vicine zone del deserto di Giuda. Alcuni furono conservati nel Museo d’Israele e nel Museo Rockfeller a Gerusalemme, altri ad Amman e nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Altri frammenti sono di proprietà di privati. I Rotoli del Mar Morto constano di circa 900 documenti, tra cui i testi del “Tanàch”, la Bibbia ebraica. Vi sono anche numerosi testi apocrifi, come i libri di “Enoc”, i “Giubilei”, “Tobia”, il “Siracide”, i “Salmi non canonici”, ma anche manoscritti della setta essena come la “Regola della Comunità”, il “Rotolo della guerra”, la “Regola della Benedizione”.
Molto significativo è il frammento 7Q5 che sembra conforme a un brano del Vangelo di Marco che recita: “… perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret” (Mc 6,52-53). Fa riferimento a Gesù che, attraversando le acque, va incontro ai suoi discepoli sulla barca, fa cessare la tempesta, scende sulla terraferma e gli si portano gli infermi da guarire. 7Q5 (“7”= grotta n.7, “Q” = Qumràn, “5” = il numero del frammento rinvenuto) è un frammento in greco delle dimensioni di 39x27 cm, su cui sono riportate una decina di lettere, non ben identificabili e disposte su quattro righe.
Lo studioso O’Callaghan avanzò l’ipotesi che il Vangelo secondo Marco non sarebbe posteriore alla distruzione di Gerusalemme (70 d.C.), ma sarebbe stato scritto forse meno di venti anni dopo la crocifissione di Cristo. Quest’ipotesi sollevò innumerevoli critiche da parte di molti studiosi cattolici dell’Ecole Biblique di Gerusalemme, guidata da Padre De Vaux. Si tratta di studiosi che, esaminando il materiale papirologico reperito negli scavi di Khirbet Qumràn, avevano sottolineato le distanze intercorrenti tra Gesù e gli esseni, nonché l’estraneità della setta Qumraniana dalla comunità dei primi seguaci di Cristo. Questo e altri manoscritti ugualmente in greco non sarebbero una prova sufficiente per poter ipotizzare un nascondiglio dei seguaci di Yeshùa, come ipotizzava O’Callaghan, anche perché mancano testimoni in lingua aramaica o in ebraico (idiomi parlati all’epoca di Gesù) in grado di avvalorare questa tesi. Tuttavia il rotolo 7Q5 è stato datato intorno al 50 a.C., il che confermerebbe la storicità della figura di Yeshùa, nonché l’esistenza di brani scritti sulla sua vita già alcune decine di anni dopo la sua morte.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento