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La villa romana di Roggiano Gravina

Il complesso di Larderia è stato scoperto nel 1973 durante i lavori per la diga dell’Esaro

La villa romana di Roggiano Gravina

Il complesso monumentale di Larderia, scoperto nel 1973 durante i lavori di costruzione della diga dell’Esaro, fa parte di un’ampia residenza appartenuta ad un proprietario terriero (“dominus”) in epoca imperiale romana. La costruzione è situata a mezza costa, su un poggio isolato con dolce pendio, a quota 143 s.l.m., sulla riva sinistra del fiume Occido, poco a monte della confluenza di questo con il fiume Esaro, i quali mettono in comunicazione la fertile vallata con il versante Orientale della catena costiera da una parte, e dall’altra con la pianura sul Mare Ionio, dove sorgeva Copia, la principale città romana della Calabria Settentrionale.
In seguito alla scoperta furono effettuate varie campagne di scavo a partire dall’estate del 1974 a cura del dottor Carlo Chiarlo del Dipartimento di Arti dell’Università della Calabria, che misero subito in risalto una villa con bella pavimentazione a mosaico.
L’anno successivo l’area, per la notevole importanza archeologica, venne vincolata ed ora è aperta al pubblico per le visite e ogni anno meta di scolaresche per visite guidate e laboratori didattici.

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Nei primi anni novanta con un progetto finanziato dai cosiddetti PIM (Progetti Interventi Mediterranei), si è potuto realizzare il parco archeologico della grande villa romana che è lambita ad Ovest dall’invaso della diga dell’Esaro.
Sfruttando la posizione sul declivio, gli ambienti della villa si dispongono su due livelli raccordati a Nord-Ovest da una grande scala in laterizi. Il prospetto rivolto a Sud è caratterizzato da una fontana monumentale (ninfeo) a pianta semicircolare, fiancheggiata da una rampa di accesso e, ad Ovest, da due grandi nicchie. Tale vasca occupa lo spazio di un corridoio, in origine probabilmente coperto a volta, che sembra delimitare la zona termale.
La villa era dotata di due impianti termali, posti rispettivamente alle estremità Ovest ed Est, e separati da un cortile centrale.
I vani delle terme sono tutti riscaldati sia con concamerazioni sotto i pavimenti (suspensurae) per la circolazione dell’aria calda, sia con tubature in cotto poste verticalmente lungo le pareti per la diffusione dell’acqua calda che serviva all’alimentazione delle vasche per i bagni. In un caso era ancora in posto una grappa di ferro, a forma di T, che fissava i tubuli alla parete. La distribuzione dell’aria calda avveniva per mezzo di una grossa conduttura, isolata da un forte strato di cocciopesto, esterna ai vani: essa comunicava con le cavità sottostanti ai singoli vani, e da queste con i tubuli, per mezzo di aperture semicircolari.

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I pavimenti degli ambienti delle terme, come pure quelli dei vani destinati ad abitazione, sono riccamente decorati con mosaici in bianco e nero o a tessere policrome ( i colori attestati sono: verde, giallo e rosso). I modelli sono elusivamente geometrici. Si deve notare come la decorazione sia avvenuta seguendo cartoni, o schemi: è stato infatti osservato che gli artigiani non hanno tenuto conto delle dimensioni del vano da decorare, così che alcuni motivi sono stati composti solo parzialmente.
Le pareti del corridoio di accesso erano decorate con intonaci affrescati a semplici campiture di colore rosso.
Nell’area tra i due impianti termali della villa sono stati rinvenuti numerosi frammenti ceramici costituenti uno scarico di fornaci probabilmente impiantate successivamente all’abbandono del complesso monumentale, oltre a consistenti crolli di ambienti.
Nel cortile centrale si è messo in luce, sotto l’antico piano di calpestio, il sistema di alimentazione idrica e di scolo, costituito da tubature e canalette in terracotta. Il settore della villa destinato alle attività produttive (lavorazione di prodotti agricoli) è invece situato ai piedi del declivio, ad una distanza di circa 100 metri dalla residenza padronale.
Si trattava, dunque, di una villa monumentale nella quale sono evidenti gli interessi economici, dei quali, i resti di macine e di fornaci, attestano, rispettivamente, la lavorazione dell’olivo e della ceramica.
Si è, inoltre, messo in luce un settore del prospetto verso valle della villa che sorge al culmine di un rialzo, ed è sorretta da una murazione mossa da due nicchie semicircolari. Sporge, inoltre, un corpo avanzato conservato su due piani d’altezza in quanto il superiore è inglobato in una casupola costruita successivamente dai pastori.
Lo scavo ha finora identificato due fasi di occupazione della villa: la più antica, nella quale probabilmente non erano ancora in funzione le terme, risale alla seconda meta del I sec. a.C.; la più recente è da fissarsi tra la fine del I sec. e la fine del II sec. d.C. La villa è abitata fino al IV sec. d.C., ma con progressivo abbandono di alcuni vani e riadattamenti di altri.
La prima fase presenta muri in opus incertum dello spessore medio di cm. 60 che si conservano per un’altezza di circa cm. 70. Di questo primo edificio è stato isolato un vano rettangolare di metri 8 x 10 con un’apertura nel muro Sud (porta); un’altra porta era probabilmente nel muro ad Est. Dal muro Sud, perpendicolarmente ad esso e ad Est dell’apertura menzionata, inizia una canaletta in cocciopesto che prosegue per m. 12 x 70, con una larghezza di cm. 27. Inoltre, a circa 8 m. ad oriente del vano è stato scavato un altro breve tratto di muro.
La parte dell’edificio più recente ha i muri in opus incertum con presenza di elementi laterizi. I muri hanno uno spessore di cm. 45 e poggiano su di una fondazione profonda cm. 30. Questo secondo edificio sembra parzialmente impostato sulla pianta del primo e pare anche di dimensioni maggiori del precedente. Molti muri risultano tagliati, mentre entrambi gli edifici non conservano tracce di pavimentazione. In corrispondenza della prima fase edilizia sono stati raccolti frammenti di ceramica a vernice nera e frammenti d’impasto, mentre, per quanto riguarda la frequentazione dell’edificio più tardo si sono rinvenuti frammenti d’impasto di sigillata chiara, frammenti di lucerne, balsamari, frammenti di phitoi e di coperchi di vetro, parti di macine e diversi frammenti metallici.

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