Presentato a Belvedere Marittimo il libro sul giudice Livatino
Il testo di Airoma, Mantovano e Ronco in un evento targato ACLI. Presente il vescovo Bonanno.
Una sera afosa di fine nel santuario Maria SS. delle Grazie nel centro storico di Belvedere, un’insolitamente affollata presentazione di un testo “non leggero” - “Un giudice come Dio comanda. Rosario Livatino la toga e il martirio”, curato dal magistrato Domenico Airoma, col prof. Mauro Ronco ed il giudice Alfredo Mantovano - che stride col clima vacanziero. Eppure la serata promossa da Acli locali, Fap e dal parroco don Giovanni Alessi, ha riscosso notevole successo, grazie all’argomento coinvolgente ed a relazioni di spessore. Dopo i saluti dei dirigenti aclisti, Maria Donato, presidente del Circolo “Giovanni Paolo II” e Saverio Sergi segretario regionale della Fap, tocca al vescovo di s. Marco-Scalea, mons. Leonardo Bonanno accennare al beato Livatino ed al procuratore Airoma: «ricordo gli anni in cui incontravo il dr. Airoma a Cosenza, persona credibile come giudice ed uomo, sempre vicino alla Chiesa ed alle Acli, e mi chiedevo se ciò fosse impedimento ad essere magistrato; la testimonianza di Livatino ci indica che, chi ha la vicinanza di Dio, ha una marcia in più anche per amministrare la Giustizia; "unicuique suum" a ciascuno il suo, con prudenza dell'agire, la recta ratio, chiosavano i latini. Livatino amava il nascondimento, il suo Cristianesimo vissuto frutto di fede solida, antica. Essere testimone credibile conta perché si può subito divenire esempio positivo, di cui c’è estremo bisogno specie per i giovani. Ricordo che 2 su 8 “Beatitudini” riguardano la Giustizia e circa la “solitudine” del beato Livatino anche fra i colleghi, rammento a tutti noi le parole di Gesù «Guai a voi quando tutti diranno bene di voi».
«Chi era questo Giudice? Nessuno ne parlava ancora a fine scorso secolo, pochi anni dopo l’uccisione di Falcone e Borsellino. Figura singolare, niente interviste, un pò “scomodo” in Magistratura, e lo è ancora per certi versi – così inizia la testimonianza del percorso di scoperta di Antonio Livatino credente e uomo di Legge, l’attuale procuratore della Repubblica di Avellino, Airoma - Solo 2 scritti ci rimangono del futuro beato: uno profetico, di attualità straordinaria in cui afferma che il Magistrato deve apparire non solo essere indipendente. Peraltro il giudice decide sulla libertà del prossimo e quindi deve soppesare le sue parole.
Ma fede e Diritto come "si tengono" insieme? Bravo giudice chi è capace di dare alla Norma un'anima e Livatino ha scritto una pagina che andrebbe scolpita nelle Aule dei Tribunali ma non dietro, bensì davanti: «Il giudice deve offrire di sè stesso un'immagine seria, equilibrata, responsabile, l’immagine di uno capace di condannare, ma anche di capire». Avvertiva il peso della responsabilità personale e questo è un chiaro richiamo non solo per i giudici bensì per tutti quelli che hanno compiti istituzionali, persino sociali. La Giustizia infatti non è affare di pochi magistrati. Lui voleva dare alla sua Comunità, alla Sicilia quel che le spettava e cioè la Dignità, contro le blandizie e minacce mafiose. Era dunque al contempo bravo professionista e cristiano “non analfabeta”. Dava concreta, quotidiana testimonianza, incarnare i valori cristiani per il prossimo. Mi si chiede a che punto siamo nella lotta ai fenomeni criminali e mafiosi, Falcone diceva "sono fenomeni umani e quindi con inizio, sviluppo e fine". Perciò noi meridionali chiediamoci, perché proprio in queste zone? E quando finiranno? Solo quando noi decideremo di far finire quella che è “l’accettabilità sociale” delle mafie».
Fra i presenti il Procuratore della Repubblica di Paola, Bruni, il comandante la compagnia Carabinieri Scalea, capitano D'angelo, i sindaci di Belvedere, Cascini; Maierà, De Marco; S. Domenica Talao, Lucchesi.
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