La speranza della Pasqua e uno sguardo nuovo
E' nella storia di ciascuno e in quella della Chiesa che vive la presenza di Dio. Il triduo pasquale ci invita a una dimensione di servizio che trova il suo fondamento in Gesù che ama fino alle estreme conseguenze
Corre veloce la speranza della Pasqua. Eppure la Settimana Santa era iniziata con le notizie drammatiche di Notre - Dame colpita da un terribile incendio. Di quella sera, oltre all'angoscia per quanto stava accadendo, rimangono le immagini dei giovani francesi in ginocchio per le strade della città a pregare per la loro Chiesa. Non pregavano solamente, ma era come se ciascuno di loro stesse soffiando per diradare quelle fiamme, come se quel fiato davvero potesse rischiarare il cielo fumante di Parigi. Questa è la speranza per chi si appresta a celebrare la Pasqua. Una Chiesa viva, come la sogna Benedetto XVI, che recentemente ci ha consegnato un documento su cui riflettere; una comunità di chiamati desiderosa di annunciare nella storia la lieta novella del sepolcro vuoto. I giorni del triduo pasquale possono anche essere insignificanti, se stiamo con la testa bassa a crogiolarci nei nostri limiti. Ma se guardiamo a Gesù Eucarestia, fidandoci quando ci chiede di restare svegli anche solo un'ora con lui, allora non ci sentiremo mai soli. Se guardiamo a quella croce sanguinante, senza paura, con coraggio, impariamo ad amare come il Signore ci ha amato, fino all'estremo. Se sapremo fare silenzio nel cuore, guardando dentro di noi, avremo la capacità di ascoltare la voce di Dio, troppo spesso contrastata dai rumori che sentiamo d'intorno. Quando Papa Francesco si china sulle ferite del suo prossimo, quando lava i piedi ai detenuti, ci consegna la cifra di questa speranza: è anzitutto una realtà incarnata, che non tradisce la storia, ma la abita dal di dentro. Proprio come ha fatto Gesù. Proprio come Cristo, siamo chiamati a fidarci.
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