Corruzione nello sport. La via d'uscita è l'alleanza educativa
Le voci: Vito Campanelli, presidente Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia); Massimo Achini, presidente del Centro sportivo italiano (Csi); Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport. Indignazione per l’ennesima puntata del Calcioscommesse, ma occorre puntare sulla responsabilità di chi sta accanto ai ragazzi e alle famiglie, anche nel denunciare la corruzione.
Non si tratta di qualche mela marcia, ma di un cancro - il cui nome è corruzione - che dopo aver colpito negli anni scorsi i professionisti del calcio italiano (nella serie A e in B), ora si è esteso alla Lega Pro (l’ex serie C) e alla D. A fare luce sul fenomeno è l’inchiesta “Dirty soccer” della procura antimafia di Catanzaro, che ha portato a 50 arresti per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Una trentina le squadre coinvolte, accusate di essersi “vendute” le partite, e nella vicenda i magistrati denunciano pure il coinvolgimento della ’ndrangheta. Allearsi tra associazioni: solo insieme si vince. Per combattere la corruzione “le associazioni di matrice cattolica devono stringere delle alleanze, perché solo insieme si vince”, osserva don Vito Campanelli, presidente nazionale dell’Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia), alla quale sono affiliati 1.822 oratori e circoli. Un esempio di questo impegno comune è il “manifesto dello sport educativo”, sottoscritto nel 2012 da diverse realtà cattoliche impegnate a vario titolo con i giovani, ma “in ogni singolo territorio - precisa Campanelli - vanno costruiti concreti percorsi di collaborazione”, a partire da quegli oratori che sono “avamposti nelle periferie, contrastano la devianza sociale e devono essere luoghi di crescita educativa e nei quali s’incontrano le generazioni”. Ecco, allora, che “è fondamentale scegliere educatori che siano anche validi testimoni con la loro vita”. Alleanze tra le varie realtà educative e, in particolare, le sigle dell’associazionismo cattolico sono “fondamentali” pure per Massimo Achini, presidente del Centro sportivo italiano (Csi), che invita a “non fare di tutta l’erba un fascio”. C’è, infatti, “una gran parte del mondo dello sport sana e bella, che ha valori positivi e li testimonia tutti i giorni: giocatori, allenatori e dirigenti che operano in tante società sportive - del Csi ma non solo - innamorati dello sport e dei ragazzi”. Eppure, di fronte alle notizie di questi giorni, è inevitabile un “grido d’allarme” che porta a chiedere “provvedimenti esemplari”, parallelamente a un investimento “nella cultura sportiva”. “Bisogna ripartire dallo sport giocato in oratorio - sostiene il presidente del Csi -, dove sono nate generazioni di campioni. Non è la soluzione del problema, ma serve”, ricordando quanto ha detto papa Francesco ricevendo lo scorso giugno le società sportive proprio per i 70 anni del Csi: “Se non c’è un gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa”. Sul piano dell’azione concreta, se l’Anspi è impegnata all’Università di Perugia nel Corso di perfezionamento in progettazione, gestione e coordinamento dell’oratorio, il Csi ricorda la “Junior Tim Cup”, torneo di calcio che vede protagonisti gli oratori delle 15 città le cui squadre militano nella Serie A, permettendo di “accorciare le distanze tra i campioni e i ragazzi”. Riscoprire il valore educativo dello sport. “Lo sport, e il calcio italiano in modo particolare, è ormai uno schifo, ripugna: non c’è più nessuna etica, nessun valore. E non c’è un argine alla corruzione”. Usa parole forti Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport ed ex presidente del Csi, lamentando una generale “assuefazione” a questo modo di fare che coinvolge pure chi avrebbe responsabilità educative. Se, in passato, “lo sport, e il calcio in particolare, aveva valori che sono serviti per far crescere bene milioni di cittadini”, oggi, secondo Costantini, assistiamo a un “consumismo sportivo” verso il quale pure l’associazionismo cattolico fatica a essere “una barriera”. È ora di “riaccendere il fuoco di una formazione - aggiunge - attenta non solo all’aspetto tecnico ma soprattutto a quello educativo”. Alla denuncia, allora, il presidente della Fondazione fa seguire la proposta, sull’onda delle parole di papa Francesco, che aprendo l’assemblea della Cei ha chiesto di “sconfiggere” questa “diffusa mentalità di corruzione”. “Alcuni anni fa, assieme all’Ufficio Cei per la pastorale dello sport - spiega - abbiamo dato vita a una scuola di pensiero e a un percorso per formare una nuova classe di dirigenti e allenatori, capaci di mettere al centro il valore della persona e andare oltre il salutismo e la competizione, per riscoprire il valore educativo e culturale dello sport”. È qui la chiave di volta che deve chiamare in causa, in primo luogo, l’associazionismo cattolico, tornando a promuovere “società e gruppi sportivi che siano luoghi educativi e aggreganti”. “Un nuovo umanesimo sportivo - sottolinea Costantini richiamando il tema del Convegno ecclesiale di Firenze - parte da una rinnovata attenzione alle persone, per far crescere ragazzi capaci di mettersi in gioco, che recuperino la propria identità e riscoprano il senso del limite e del gioco”.
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