Lo studioso roveretano ricoprì l’incarico di soprintendente della Calabria con competenza anche sulla città di Cosenza
Paolo Orsi e la scoperta della Magna Grecia
Il ricercatore aveva interessi culturali che spaziavano dall’archeologia alla numismatica, dalla preistoria alla storia medievale
Tante menti geniali italiane e straniere, insieme ad esperti locali, hanno dato lustro al patrimonio culturale della Calabria. Uno di questi maestri che merita, senza alcun dubbio, un posto di rilievo nella memoria collettiva meridionale, è Pietro Paolo Giorgio Orsi. Archeologo italiano originario di Rovereto in Trentino Alto Adige, dove nacque il 17 ottobre 1859, dedicò tutta la sua vita allo studio e alla ricerca archeologica in Calabria e in Sicilia. Aveva una formazione non ristretta al mero contesto nazionale ma aperta anche al panorama europeo (cultura “Mitteleuropea”), favorita dal fatto che la sua città, all’epoca della sua nascita, apparteneva all’impero austro-ungarico. In seguito ai suoi studi di archeologia, entomologia, numismatica, storia antica e paleontologia compiuti tra Padova, Vienna e Roma, entrò a far parte della direzione generale delle Antichità e delle Belle Arti di Roma. Tra il 1885 e il 1888 iniziò i suoi primi scavi nel Trentino e poi si interessò al settore bibliotecario, ricevendo un incarico come vice-bibliotecario della Biblioteca Nazionale Fiorentina. Orsi mise in pratica gli insegnamenti ricevuti dai suoi maestri tra cui Fortunato Zeni, uno dei fondatori del Museo Civico di Rovereto presso cui sono conservati i suoi appunti, attestanti le sue prime ricerche archeologiche e numismatiche. Non avendo superato il concorso a cattedra di archeologia a Roma, vinse quello per ispettore di III classe degli scavi e dei Musei di Siracusa in Sicilia, dove approfondì le sue indagini storiche sin dal 1889. Gli venne offerta quindi l’opportunità di studiare e scavare quel territorio che rappresentava la culla della Magna Grecia, ubicato a molti chilometri di distanza da casa sua. Nel 1907 assunse l’incarico di Soprintendente delle Antichità della Calabria con sede a Reggio Calabria, dando una forte spinta all’istituzione del Museo Nazionale della Magna Grecia. Le sue aree di competenza comprendevano le province di Reggio Calabria, Cosenza, Catanzaro e Potenza in Basilicata. Questo ruolo si aggiunse a quello di Soprintendente per la Sicilia Orientale con sede a Siracusa, comprendente le province di Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Catania e Messina. Tanti furono i reperti che riuscì a riportare alla luce tra necropoli, mura, palazzi e monete in diverse località siciliane e calabresi. Studiò il periodo preistorico, con particolare predilezione per le origine sicule, i centri dell’età del Bronzo fra cui Thapsos, e la colonizzazione greca. In Calabria rinvenne molti siti della Magna Grecia, la Grande Grecia d’Occidente costituita a partire dall’VIII secolo a.C., guardando con interesse a varie età della storia calabra come quella bizantina. Identificò le pòleis di Krimisa (vicino Cirò Marina), Kaulonia (lungo la costa dell’attuale Monasterace), Hipponion (Vibo Valentia) e Medma (Rosarno). A Locri coadiuvò il lavoro del direttore dell’Istituto Germanico di Roma, Eugen Petersen, scoprendo il tempio di contrada Marasà e il gruppo marmoreo dei Dioscuri (oggi conservati presso il Museo Archeologico di Reggio Calabria). Condusse ricerche nel tempio di Hera Lacinia a Capo Colonna, nel santuario di Apollo Aleo a Cirò Marina, nella Cattolica di Stilo e in tante altre località tra cui Sibari, Santa Severina, Strongoli, Stilo e Gerace. Orsi, insieme ad altri archeologi, esplorò la Piana di Sant’Eufemia per rinvenire gli antichi centri di Temesa, Terina e Crotone. Può essere definito a tutti gli effetti il padre dell’archeologia calabrese nonché scopritore delle meraviglie della civiltà magnogreca che disseppellì con amore e professionalità. Il ricercatore triestino fu uno dei padri della Società Italiana di Archeologica sorta nel 1909, fu direttore del “Bullettino di paleontologia italiana” nonché fondatore della “Società Magna Grecia”, impegnata a raccogliere fondi per gli scavi archeologici, insieme all’archeologo Umberto Zanotti Bianco. Nel 1914, grazie alla collaborazione di agrari e braccianti meridionali, il roveretano riuscì a recuperare una preziosa tabella testamentaria bronzea in caratteri achei della seconda metà del IV secolo a.C., nei pressi di Terravecchia-Elemosina vicino Terina e nei pressi dell’Abbazia di Sant’Eufemia. Orsi e Zanotti Bianco, inoltre, lanciarono nel 1931 la rivista storiografica “Archivio storico per la Calabria e la Lucania”, pubblicata a Roma dall’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI) con periodicità annuale. Quest’ultimo fu un organo di informazione fondamentale per la diffusione delle idee, della civiltà e della cultura delle due regioni meridionali della Calabria e della Basilicata. Paolo Orsi diresse la soprintendenza calabrese fino al 1924, quando a lui subentrò il nuovo soprintendente, proseguendo il suo lavoro esclusivamente in Sicilia. Nello stesso anno ricevette la nomina a senatore del Regno d’Italia, in favore dell’archeologia e della ricerca dei fondi. Scrisse oltre 300 volumi raccogliendo i risultati delle sue ricerche condotte su vari siti archeologici, a partire dalla preistoria e fino all’età medievale, con una particolare attenzione per la Sicilia Orientale e per la Calabria, vincendo perfino il “Gran Premio di Archeologia dell’Accademia dei Lincei”. Lavorò a Siracusa fino al 1934 per poi fare ritorno a Rovereto, dove morì l’8 novembre 1935. A quest’insigne archeologo, che ha speso tutta la vita per la scoperta della cultura magnogreca, è stato intitolato il Museo archeologico di Siracusa e a lui è stato dedicato anche il docufilm “Paolo Orsi. La meravigliosa avventura” del 2019, che ripercorre i suoi anni giovanili, il suo rapporto con la sua città natale, con il Regno d’Italia, con quello asburgico, con la Calabria e con la Sicilia.
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