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Nostro reportage - Sindone, il racconto della passione

Nel sacro telo, definito da alcuni proprio il "Quinto Vangelo", è possibile "rileggere" le vicende della passione di Gesù. I segni delle ferite lungo tutto il corpo, i rivoli di sangue sulla testa, sui polsi, sul costato, sui piedi. Un itinerario di fede per il pellegrino che giunge nell'ex capitale del regno sabaudo. Noi ci siamo andati e ve lo raccontiamo.

Nostro reportage - Sindone, il racconto della passione

Il racconto della passione si legge chiaramente, tra le pieghe della Santa Sindone. Trovarsi dinanzi al telo significa anche fare un percorso spirituale, che si accompagna, parallelo, a quello organizzato dalla diocesi piemontese. Lungo il parco che costeggia la bella Cattedrale di San Giovanni Battista i tantissimi pellegrini che ogni giorno stanno raggiungendo Torino hanno l’opportunità di un momento di ristoro e di relax sui prati verdi. E’ l’occasione per prepararsi anche spiritualmente alla visita al sacro telo, grazie all’opportunità di confessarsi nelle tende appositamente predisposte. La partenza del percorso è a via Garibaldi. 800 metri di cammino lungo i tendoni realizzati all’interno dei giardini reali, lo stesso scenario che gli organizzatori avevano predisposto per l’ostensione del 2010.

Si entra ad orario, con la prenotazione. Lungo la strada, oltre ai gadgets che raccontano la storia della Sindone, si ritrovano anche alcuni pannelli in mostra che ritraggono alcune figure di santi testimoni piemontesi, così che il pellegrinaggio che porta a contemplare il telo sindonico si arricchisce di uno spunto di riflessione in più: quello sui santi che hanno arricchito la storia della città piemontese, del regno sabaudo e dell’Italia intera. Sulle tracce dell’amore più grande (gli striscioni con il moto dell’ostensione 2015 sono visibili da più parti), alla scuola di chi tale amore lo ha conosciuto, vissuto, testimoniato per contagio. Per contatto, invece, la Sindone rivela al credente i segni dell’amore fino alla fine, fino all’effusione del sangue, come quello di Gesù Crocifisso in Croce per donare all’umanità intera salvezza e redenzione. Prima di trovarsi dinanzi alla Sindone, ai pellegrini è mostrato un video  nel quale tutti i particolari del telo sindonico vengono spiegati in maniera accurata.  L’uomo del telo, da sinistra verso destra, è in posizione supina, e chiaramente si vedono il volto con il capo grondante di sangue per l’acuminoso casco di spine. Sul petto, gli stessi rivoli di sangue (tutto è stato studiato ed è ancora oggetto di indagine scientifica, ma non è questa la sede per entrare nel merito della vicenda) e la traccia di un costato ferito. Ecco perché sin dal tronco superiore, nella Sindone è possibile leggere e rileggere il Vangelo che racconta i momenti della beata passione del Signore. Dal costato aperto di Gesù – secondo la lezione giovannea, uscirono acqua e sangue, segni sacramentali della Chiesa nascente.  La Chiesa pellegrina sulla terra che incontra la Chiesa del cielo, ed insieme convergono e trovano origine e fondamento nell’Ecce Homo, nel Dio fattosi carne che, nella carne, ha sperimentato la debolezza e il dolore dell’uomo. Anche sui polsi e sui piedi dell’uomo sindonico s’avvertono i segni di profonde ferite, come quelle piaghe venerate dalla tradizione cristiana e che ancora oggi sono immagine di sofferenza. Il pellegrino della Sindone trova dinanzi a sé uno spettacolo toccante, che interroga. Qualcuno, rispetto  al sacro telo, ritiene che esso sia il quinto Vangelo. A darne ancora prova è l’altra parte della Sindone, il dorso dell’uomo crocifisso, laddove sono ancora chiari i segni delle ferite, come da flagello. Ritorna, inesorabile, il racconto evangelico del Gesù condannato, flagellato alla colonna, deriso dai soldati e condotto lungo la via della Croce. Sulle spalle, il segno del patibulum, dell’asta orizzontale del legno che porto unitosi al legno verticale già piantato sul Golgota, formerà la Croce. “O Croce di nostro salvezza, albero tanto glorioso. Di altri non v’è nella selva, di rami e di fronde a te uguali. Per noi dolce legno che porti appeso il Salvatore del mondo”. Una canto e una preghiera, che la venerazione dei fedeli perpetua nel venerdì santo, quando la fede si fa liturgia in onore del talamo nuziale dove il Figlio di Dio ha sposato l’umanità intera. Una liturgia che si fa adorazione. Un’adorazione che si fa Eucarestia.

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